Jankto non è stato il primo giocatore della storia del calcio a fare coming out: prima di lui, una vicenda che si è chiusa drammaticamente.
La confessione di qualche mese fa dell’attuale centrocampista del Cagliari, Jakub Jankto, ha scosso il mondo del calcio. Un coming out che ha aperto un grande argomento in un mondo, quello del calcio, molto difficile data come è finita la storia del primo calciatore a svelare pubblicante di essere omosessuale.
Il gesto di Jankto ha dato speranza a tutti quei calciatori che non hanno il coraggio di confessare pubblicamente quello che sentono vista che la storia non ha precedenti positivi. Lo dimostra la terribile vicenda di Justin Fashanu, il primo calciatore a dichiarare la sua omosessualità.
La vicenda del calciatore inglese è composta da momenti davvero terribili e che segnarono la sua vita. Un calciatore che, dopo le sue dichiarazioni, vide la sua vita ribaltarsi completamente: arrivando ad una tragica fine:
Prima di Jankto, Justin Fashanu: dal coming out al tragico epilogo
Justin Fashanu nasce nel 1961 in un piccolo borgo di Londra e cresce in una famiglia adottiva. Quel piccolo ragazzo, però, è segnato da una capacità straordinaria di giocare a calcio, quello sport per lui era davvero tutto. Si fa notare nelle giovanili dell’Inghilterra e nel 1981 diventa il primo calciatore nero a raggiungere 1 milione di sterline e fu acquistato dal Nottingham Forrest.
Nello spogliatoio, però, la vita di Justin non era semplice dato che fu più volte protagonista di alcune voci, tra cui quelle che sostenevano di averlo visto frequentare locali gay. Un giorno, prima della seduta di allenamento, l’allenatore lo riprende davanti alla squadra chiedendogli perché frequentasse certi locali. Con il tempo, gli allenamenti diventano sempre più duri e in campo non è lo stesso giocatore che il mondo aveva conosciuto.
Dato l’ambiente, Fashanu cambia squadra ma entra in una spirale di infortuni che lo fanno rendere sempre meno. Alla fine, cambia 10 squadre in 15 anni. Arriva il coming out negli anni Novanta tramite un’intervista al The Sun. Le reazioni alla sua confessione sono veementi: la comunità nera, tramite un editoriale, condanna il gesto come un affronto diretto a loro, i tifosi avversari lo coprono costantemente di insulti e viene ripudiato da suo fratello John.
Gli ultimi scampoli di carriera di Justin Fashanu si realizzano nel 1997, dopodiché decide di trasferirsi in America per allenare un club del Maryland. Lì, però, subisce una denuncia da un ragazzo di 17 anni con l’accusa di averlo narcotizzato e avergli praticato del sesso senza consenso. Alla denuncia, l’ex calciatore collabora con la polizia ma poco dopo decide di tornare nel suo paese di origine.
Il 3 maggio 1998, Justine viene trovato impiccato in un garage abbandonato alla periferia di Londra, nella sua tasca un bigliettino in cui sottolineava di come non avesse mai violentato quel ragazzo e che lui era stato vittima di un ricatto. Per questo motivo, continua nel biglietto, ha preferito morire piuttosto che dare altri dispiaceri ai suoi cari. Dopo la tragedia, negli anni successivi, molti si pentirono per gli atteggiamenti avuti nei suoi confronti, tra cui suo il fratello. Proprio a lui, Justine, decise di dedicare l’ultima parte del biglietto con queste parole: “Avrei voluto essere un miglior figlio, fratello, zio e amico. Ho fatto del mio meglio ma è un mondo difficile“.