Alcuni lavoratori sono arrivati al pensionamento forzato e quindi costretti a lasciare il loro posto di lavoro. Andiamo a vedere in che cosa consiste e che cosa fare per rimanere al proprio lavoro.
Il sistema pensionistico in Italia è un tema un bel po’ delicato, soprattutto perché stiamo parlando di un paese dove la maggior parte sono anziani. Per questo motivo, sono una priorità in tante decisioni politiche. Ciò ha garantito l’esistenza di pensioni di vecchiaia adattate alle loro condizioni. Non tutti sanno che esistono dei lavoratori che sono costretti ad andare in pensione.
Per accedere al diritto alla pensione è necessario essere in possesso del requisito di età e dei contributi, come in tanti sanno. Oggi l’età minima legale per il pensionamento in Italia è 67 anni e devi aver versato contributi per almeno 20 anni. Attraverso la ‘quota 100’ possono richiedere il pensionamento ordinario le persone con 62 anni di età e 38 anni di contributi.
Le cose cambiano quando parliamo del pensionamento forzato. Si tratta di lavoratori che sono costretti a lasciare il loro posto di lavoro dietro delle normative specifiche che prevedono il cosiddetto “pensionamento d’ufficio”. In poche parole, non è una scelta quella di andare in pensione, ma una scelta che arriva dall’alto. Può avvenire nella pubblica amministrazione o direttamente dal datore di lavoro.
Pensionamento forzato, come funziona e come rimanere al lavoro
Quando parliamo di pensionamento d’ufficio in merito alla pubblica amministrazione parliamo di lavoratori che sono alle dipendenze dello Stato o di enti pubblici. In poche parole, la persona deve lasciare il proprio posto dopo aver maturato l’età canonica per andare percepire l’assegno mensile della pensione di vecchiaia. In questo modo non ci sono domande per la pensione o escamotage per continuare a lavorare.
Questa situazione riguarda, come abbiamo detto, tutti i lavoratori del settore pubblico. Parliamo dei dipendenti ministeriali, così come tutti quelli del comparto scolastico, degli enti locali, del settore sanitario e così via. Tutti loro non possono fare nulla per prolungare la loro attività lavorativa una volta raggiunta l’età anagrafica per andare in pensione. Tranne in alcuni casi dove ci sono delle novità.
Se una persona ha compiuto 67 anni e vuole ancora lavorare può farlo solo se non ha maturato i contributi minimi richiesti per l’assegno pensionistico. In pratica se non ha raggiunto ancora i 20 anni di contributi può rimanere a lavorare per completare il suo percorso. Ma anche in questo caso c’è un limite di 71 anni, che parliamo di un’età massima riconosciuta per legge in cui si può lavorare.
Un altro modo per rimanere a lavorare è nel caso in cui un lavoratore deve raggiungere i contributi puri. In questo caso, oltre i 67 anni e 20 anni di contributi, serve un assegno liquidato pari a 1,5 volte l’assegno sociale. Coloro che non hanno dei versamenti prima del 1996 e non hanno quindi una pensione da 702 euro al mese possono rimanere in servizio fino ai 71 anni.