In Italia, il lavoro in nero è davvero molto diffuso. Un serio problema a cui pare difficile porre una soluzione. Ma cosa può fare un dipendente in questa condizione? Scopriamo gli strumenti che gli affida la legge.
Il lavoro in nero è davvero un problema molto serio. In alcune realtà ci sono più lavoratori senza contratto che regolarmente contrattualizzati. Insomma, tale situazione è una vera e propria piaga. Dai dati ci sono oltre 3 milioni di lavoratori che non sono in regola.
La non messa in regola di una lavoratore porta dei problemi seri a più ampio raggio. Un lavoratore in nero porta all’azienda che “assume” a non fornire la giusta comunicazione all’INPS e all’INAIL. Cosa che si ripercuote anche sull’ambito delle tasse. Quest’ultimo settore, soprattutto in Italia, segno un tasso di evasione altissimo.
Come vediamo, gli argomenti citati vivono in un contesto molto delicato. Ragion per cui, trovare chi denuncia non è mai semplice. Ma cosa succede se si decide di denunciare il lavoro in nero? La legge fornisce degli strumenti appositi per questa situazione. Successivamente, poi, vedremo anche le conseguenze.
Lavoro in nero, cosa succede se si denuncia?
Quando si parla di un lavoro in nero la strada della legge finisce nell’amministrativo e non nel penale. Questo, infatti, è considerato come una violazione di una regola della legge. Quindi viene considerata meno pericolosa di un reato. Cosa che porta a delle sanzioni pecuniarie.
La denuncia, quindi, è una segnalazione che viene fatta alle autorità. Queste devono avere anche delle funzioni ispettive così da poter dare spazio alle dovute verifiche. Ragion per cui, il dipendente che vuole denunciare lo deve fare all’ispettorato territoriale del lavoro.
In prima battuta, il dipendente dovrà compilare un modulo per attesti la denuncia del lavoro in nero. Successivamente, ci sarà un incontro tra le parti così da spingere il datore di lavoro a mettere in regola il dipendente. Nel caso di no ci sarebbero altre multe. Infine, ci sarà un incontro tra l’ispettorato, il datore e il dipendente per trovare un accordo.
In caso di stretta di mano, quindi di accordo, il documento firmato è a “titolo esecutivo“. Ragion per cui, il documento ha lo stesso valore di una sentenza e non può essere contestato. In questo modo, se il datore di lavoro continuasse a non rispettare la legge, il dipendente potrebbe mette in atto un pignoramento dei beni. Tale aspetto si può realizzare senza passare da una causa.
C’è un secondo modo di tutela ed è quello del ricordo in tribunale tramite un avvocato. Come possiamo immaginare, questa strada presenta alcuni passaggi più farraginosi rispetto al precedente metodo. Dopo il ricorso, l’avvocato chiederà la messa in regola del lavoratore. Dall’altra parte, il lavoratore dovrà dimostrare di aver lavorato per quella azienda. Si ricordi, inoltre, che il lavoratore in nero ha fino a cinque anni dalla fine del rapporto lavorativo per procedere alla segnalazione.
I 4 criteri per comprendere un lavoro non in regola
Ci sono alcuni elementi che fanno capire che si è in presenza di un lavoro non in regola. In prima battuta, il dipendente non firma nessun documento. Questo porta a non avere la busta paga solita e la certificazione unica a fine anno.
Il lavoratore può verificare l’estratto conto dal portare dell’INPS, nella sua area personale. Nella fattispecie, dopo due mesi dall’inizio del lavoro, se non emergono contributi per il lavoro che si sta svolgendo allora non è stato comunicato nulla. Cosa che porta la possibilità di essere dei lavoratori in nero ad essere molto alta.