Potrebbero esserci notizie non troppo positive per quel che riguarda il Tfr dei dipendenti pubblici. Ma ecco tutti i dettagli.
Nell’ultimo periodo si è sentito parlare tanto e costantemente di Tfr. Quest’ultimo non è altro che un acronimo che sta a indicare quello che è il trattamento di fine rapporto. Entrando maggiormente nel dettaglio, si va a indicare una prestazione economica che compete al lavoratore subordinato nel momento in cui cessa un rapporto di lavoro. Ovviamente questo può avvenire e arrivare per qualsiasi motivo: licenziamento, dimissioni o raggiungimento dell’età della pensione. Ma ecco che le novità possono davvero essere molteplici e non tutte positive.
Molto spesso, nel corso degli anni, ci si è chiesti entro quanto tempo vada pagato. In realtà però, vista anche la problematica legata all’inflazione, che sta creando non pochi disguidi nell’ultimo periodo, c’è chi potrebbe trovarsi a dover fare i conti con un vero e proprio taglio. Ma a chi ci si sta riferendo? Giusto entrare nello specifico della questione, perché si trattando una tematica molto delicata.
Tfr dipendenti pubblici, novità non troppo positive?
Senza usare troppi giri di parole, si può dire che l’aumento dei prezzi e i tassi di interesse, diventati via via molto più alti, non sono certo un qualcosa di positivo per i lavoratori e il tutto finisce per riguardare anche, come è ovvio e normale che sia, il Trattamento di Fine Rapporto. Ma in che modo e in che misura? La problematica riguarderà i dipendenti pubblici, che avranno dunque una liquidazione un po’ meno ricca. E tra l’altro, in questo caso, i tempi sono di per sé già lunghissimi. Infatti si parla di due anni che possono arrivare a cinque. Questo avviene nel caso in cui l’uscita anticipata dal mondo del lavoro avvenga tramite Quota 100 o Quota 102, le due grandi novità del sistema pensionistico.
La mossa potrebbe essere la richiesta dell’anticipo, ma questo potrebbe non essere troppo conveniente, vista l’applicazione di un tasso d’interesse. Anche attendere però potrebbe non essere la scelta giusta. Il rischio dunque diventa quello di un danno economico ingiustificabile, visti i rincari e l’inflazione che ormai è sempre più realtà. La soluzione potrebbe essere un intervento per far venir meno questa disparità di trattamento tra i dipendenti pubblici e quelli privati. Il vero problema però riguardano le casse dello Stato. Stimando 70 mila euro a pensionato e circa 150 mila dipendenti pubblici, ci si potrebbe trovare a spendere ben 10 miliardi di euro. Una cifra esorbitante e che di certo sembra andare ben oltre quello che in questo momento ci si può permettere.