Il referendum del prossimo 12 giugno tiene banco. Molti si chiedono ancora per cosa si vota. Andiamo a vedere insieme la spiegazione ai 5 quesiti.
Quando si parla di referendum, l’attenzione è sempre alta. Questo perché a decidere è il popolo italiano. Non è un caso che pare siano attesi alle urne ben 51,5 milioni di elettori. In questo caso, però, i quesiti sono ben 5. Cosa che porta a doversi informare seriamente prima di esprimere il proprio voto.
Partiamo dal tema principale: quello a cui si andrà a votare è un referendum abrogativo sulla giustizia. I partiti che lo hanno sottoscritto sono stati Lega e i Radicali. Inoltre, a margine, in diversi comuni si voterà anche le amministrative. Come detto, i quesiti sono cinque e sono regolamentati dall’articolo 75 della Costituzione.
In attesa di fugare ogni dubbio in merito ai requisiti, Trenitalia ha messo in atto una serie di sconti per andare a votare il referendum. Sconti che permettono di spendere delle cifre basse. Tale iniziativa dimostra come l’evento è davvero molto sentito. Per questo molti vogliono avere le idee chiare per votare consapevolmente. Ricordiamo che, come tutti i referendum abrogativi, il quorum deve toccare il 50% + 1 degli aventi diritto. In caso di risultato non raggiunto, il referendum viene annullato.
Cosa si vota al referendum? I dettagli dei 5 quesiti
I 5 quesiti che ci troveremo davanti nel seggio sono: abolizione della legge Severino, scheda rossa; limitazioni alle misure cautelari, scheda arancione; separazione delle carriere tra giudici e pm, scheda gialla; valutazione dei magistrati, scheda grigia; elezione dei membri togati del Cdm, scheda verde.
Partiamo dal primo quesito che corrisponde all’abolizione della legge Severino. Qui si parla dell’eliminazione delle norme sull’incandidabilità, la decadenza e sospensione dei politici condannati per mafia, terrorismo, corruzione e altri reati gravi. Se si vota sì ai condannati si darebbe la possibilità di candidarsi o proseguire il mandato. Si eliminerebbe anche il processo automatico di sospensione nel caso ci fosse una condanna non definitiva. Se si vota no, a quel punto, la legge non verrebbe abolita.
Il secondo quesito è sulla limitazione delle misure cautelari. Qui si limita i casi in cui ci possono essere delle misure cautelari. Come, ad esempio, la carcerazione preventiva così da eliminare l’ipotesi di pericolo di reiterazione del medesimo crimine. Se passa il sì un giudice non potrà più avere tale custodia cautelare in carcere. Si abolirebbero i domiciliari o la custodia cautelare in caso di reiterazione del reato. Mentre per situazioni più gravi restano. Il sì sostenuto dal Comitato promotore convinto che in Italia ci siano stati diversi abusi in merito.
Il terzo quesito riguarda la separazione delle funzioni dei magistrati. In questo caso si punta ad eliminare le norme che permettono ai magistrati di passare dalla funzione requirente a quella giudicante e viceversa. In sintesi, giudici che diventato pm per un numero di massimo quattro volte. Se passa il sì, c’è la scelta di due percorsi separati. Il percorso è da scegliere ad inizio carriera. Chi spinge per il sì parla di equità e indipendenza dei giudici. Se invece passa il no non si assiste a nessuna modifica.
Passiamo alla valutazione dei magistrati, il quarto quesito. In questo caso si tratta di un voto da parte di avvocati e professori universitari sulla professionalità dei magistrati. Se passa il sì, darebbe maggior oggettività grazie ai voti anche dei membri laici: avvocati e professori. Chi sostiene il no, invece, parla di un giudice si troverebbe a confrontarsi con un avvocato che lo valuterebbe. Anche se si potrebbe innescare un detrimento di una garanzia di indipendenza.
Arriviamo, infine, all’ultimo quesito: elezione membri togati del Csm. Tale quesito riguarda la cancellazione della norma che fa riferimento alle candidature del Csm. In quel caso, per la candidatura ci vorrebbero firme di almeno 25 presentatori, con un massimo di 50. Tale domanda è per mettere fine al sistema delle “correnti’ nella magistratura. Se passa il sì, ogni magistrato potrebbe candidarsi autonomamente, senza appoggi di alcun tipo.