A volte capita di dimenticare nomi di cose o oggetti. I problemi di memoria possono turbare l’individuo. Ma bisogna fare attenzione al Mild cognitive impairment. Andiamo a vedere i dettagli della questione.
La memoria tende a preoccupare molti. Nella storia abbiamo visto tante situazioni che portano ad un peggioramento della memoria. E, quando tendiamo a dimenticare nomi di cose o oggetti, siamo portati a pensare subito agli scenari negativi.
Con il passare degli anni, soprattutto da dopo la sessantina, la memoria ne risente. Si inizia a perdere colpi. E, qualsiasi avvenimento particolare, turba il soggetto che viene spinto a pensare che questi intoppi mnemonici non siano casuali. Da sottolinea subito che non esiste una correlazione scontata tra alcuni episodi e problemi seri come la demenza.
Solo in alcune persone si può segnalare una diagnosi di decadimento cognitivo lieve. Secondo quanto riportato dal Corriere della Sera che riprende le parole di Diego de Leo, professore di psichiatria alla Griffith University australiana. In questo caso, sostiene il professore, si parlerebbe di Mild cognitive impariment. Tale condizione è temuta ed è vista come una fase “iniziale” della demenza. Anche qui, intervenire sul tempo permette di svolgere una ottima attività di prevenzione. Molti si chiedono cosa sia e come si diagnostichi. Scopriamo tutto insieme.
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Memoria, cos’è il Mild cognitive impairment?
I sintomi a cui prestare attenzione ci vengono riferiti dallo stesso De Leo. Il professore parla di una persona che si lamenta dell’abbassamento delle prestazioni cognitive. Cosa che, però, non deve essere solo personale ma anche confermata da parenti o conviventi. Una volta fatto, si procede a dei test per valutare l’oggettivo deterioramento cognitivo nelle zone analizzate.
Perché si tratti di Mic e non di cose più gravi, bisogna certificare che la persona non abbia problemi in alcune abilità. Si parla di meno di tre impedimenti in attività come fare la spesa, usare farmaci o telefono e molte altre. Quello che fa parlare di fenomeno transitorio è dato dal fatto che molte persone a cui è stata diagnosticata al Mic, alla visita successiva non avevano più questo problema. Cosa che dimostra una sensibile riduzione dei sintomi.
Lo studio sul Mild cognitive impairment
Lo studio è stato condotto da Neurology. Il campione si riferiva a quasi tremila persone oltre i sessant’anni. Soggetti che dal 1992 sono stati sottoposti a molteplici visite per vedere il rapporto tra invecchiamento e demenza. Tra questi soggetti, sono stati individuati 752 persone con la diagnosi di Mic.
Nel tempo, si è visto che il 60% alle visite successiva non erano più adeguati ai criteri della diagnosi. Il 30%, invece, conservava i criteri. La restante parte aveva sviluppato una demenza. Dai vari test, sottolinea De Leo, si sono visti quali pazienti avrebbero continuato ad avere questo disturbo.
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In ultima analisi, si è visto che molto è condotto alla genetica. Il rischio è inferiore, invece, per chi ha avuto la fortuna dell’istruzione, di accesso alle attività ricreative. E, in un certo senso, anche nascere in una famiglia con un reddito alto può aiutare. La ricerca futura è destinata ad ampliarsi su periodi più lunghi di tempo. Così da analizzare i fattori che possono far comprendere questo fenomeno.