Cambiare la merce è un diritto del consumatore, che può essere esercitato solo a certe condizioni. I dettagli.
Contrariamente a ciò che comunemente si pensa, non esiste un generale diritto a cambiare la merce in ogni circostanza, in quanto il perimetro del diritto del consumatore è ben delimitato. E lo scontrino è davvero necessario?
Secondo il senso comune o comunque in base ad una convinzione diffusa presso molti consumatori, esiste un generale diritto di cambiare la merce acquistata nei negozi fisici, al di là della conservazione dello scontrino. In verità le cose non stanno esattamente così e per inquadrare a che condizioni opera il diritto al cambio merce, occorre fare una serie di puntualizzazioni.
D’altronde chiedersi se esiste un diritto al reso e, se sì, entro quali limiti è una questione che attiene al quotidiano ed agli acquisti che tutti noi facciamo, ad esempio, al supermercato, in un negozio di abbigliamento oppure in tabaccheria. Perciò è certamente opportuno parlarne.
Di seguito intendiamo fare chiarezza proprio sulla possibilità di cambiare la merce: in quali circostanze è possibile cambiare un prodotto? Sussiste un termine per effettuare il reso e quali condizioni può stabilire il negoziante per dare luogo al cambio merce? E soprattutto occorre conservare lo scontrino per il cambio prodotto oppure no? Lo scopriremo più avanti, in questa sintetica guida in cui chiariremo qual è il perimetro del diritto al cambio merce da parte del consumatore.
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Chiarire la questione relativa alla possibilità di cambiare la merce conservando lo scontrino, impone di fare alcune precisazioni, onde non confondere situazioni diverse.
Anzitutto, lo scontrino non è necessario per il cambio prodotto, laddove la legge riconosca al consumatore tale diritto (ad esempio per i difetti di produzione).
Infatti, dobbiamo ricordare che il diritto al cambio esiste ma a determinate condizioni, senza la possibilità di esercitarlo a proprio piacere, magari sulla scorta di una successiva valutazione effettuata dopo la compravendita. Ebbene, cambiare la merce è possibile in caso di acquisti fatti al di fuori dei negozi fisici tradizionali. Ci riferiamo agli acquisti come ad esempio le televendite, agli acquisti “porta a porta”, su corrispondenza, agli acquisti fatti tramite siti web.
Nelle circostanze appena menzionate il consumatore può recedere dal contratto entro 14 giorni con raccomandata a.r. inviata al commerciante. Il diritto di recesso o di ripensamento può essere fatto sfruttato senza obbligo di motivazione. In particolare, per il semplice fatto che la compravendita si è avuta fuori dai locali commerciali, il consumatore ha la facoltà di ottenere la restituzione dei soldi – su riconsegna del prodotto – e ciò anche nel caso in cui l’oggetto sia già stato aperto e testato.
In verità qui non si parla propriamente di cambiare la merce: entra in gioco il cosiddetto “reso” che spetta per legge al consumatore che acquista a distanza. -In questa ipotesi il compratore potrà restituire il prodotto e riavere indietro il denaro speso, sulla scorta del mero ripensamento e null’altro.
Invece, in caso di acquisti di prodotti difettosi e cioè in tutti in casi in cui un prodotto contiene un vizio di fabbricazione, al consumatore spetta la garanzia biennale. E’ il Codice del Consumo a prevederlo. Ma per sfruttare la garanzia occorre denunciare il vizio al commerciante entro massimo 60 giorni dalla scadenza.
Il consumatore ha diritto a chiedere una delle seguenti soluzioni:
In linea generale, rimarchiamo che nei casi in cui la legge permette di cambiare la merce, è necessario provare l’acquisto presso un certo punto vendita. La prova può essere di ogni tipo e non per forza deve trattarsi di uno scontrino.
Anche la ben nota “prova di acquisto” – che di solito è rappresentata dalla garanzia con il timbro del venditore – non può essere posta come sola condizione per esercitare i propri diritti di acquirente. Se il prodotto è difettoso ma si riesce comunque a dimostrare in altro modo l’acquisto, vale il diritto alla sostituzione o riparazione anche se si è smarrita la prova di acquisto.
Chiarita la non essenzialità dello scontrino per cambiare la merce, è legittimo chiedersi in che modo provare l’acquisto. Sicuramente la via migliore è la ricevuta del bancomat o un estratto conto da cui emerga il pagamento tracciabile.
Lo abbiamo accennato all’inizio, in molti si pongono domande come le seguenti: sussiste un diritto al cambio merce nei negozi fisici? Il diritto di recesso vale anche per la merce acquistata in negozio? La politica di reso è davvero un diritto per il consumatore? Esse meritano certamente risposta giacché si tratta di domande all’ordine del giorno, che possono evidenziarsi negli acquisti di tutti i giorni, dai capi di abbigliamento ai prodotti di elettronica, dall’arredamento per la casa alle calzature.
E vale la pena altresì rimarcare che le domande che un consumatore può porsi circa gli acquisti giornalieri nei negozi fisici sono frequenti, proprio perché in materia di cambio merce si registra una certa confusione e scarsa consapevolezza da parte degli acquirenti.
Ciò che abbiamo rilevato finora, ci aiuta a capire se si può cambiare la merce senza scontrino. Al di fuori di quanto ricordato in precedenza, cambiare la merce rappresenta una discrezionale concessione del commerciante e non un diritto sempre valevole dell’acquirente. Il tipico esempio è quello di colui che compra un vestito e poi, indossandolo a casa, si rende conto che non gli piace: ebbene, in questo caso e in tanti altri l’acquirente può chiedere di cambiare la merce, ma spetta al commerciante la scelta di consentirglielo oppure no. Insomma, non esiste un obbligo generale di legge per il quale il cliente può in ogni caso chiedere ed ottenere di cambiare la merce.
Nonostante quanto abbiamo appena ricordato, non di rado i consumatori fanno confusione: basti pensare a quante volte le persone restano perplesse all’interno di un negozio innanzi al cartello “la merce non si cambia”.
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Lo abbiamo detto poco sopra. Ci sono delle regole molto dettagliate che consentono il cambio merce, ma in linea generale il consumatore non ha diritto di ottenere il cambio del prodotto se ha acquistato all’interno di un negozio fisico. Su questo non vi sono particolari dubbi.
Le norme di legge impongono che, negli acquisti tradizionali, una volta stipulato il contratto, esso “ha forza di legge tra le parti”. In parole semplici, ciò significa che non può sciogliersi se non per le ragioni di cui alla legge. Dal lato pratico, se le motivazioni del consumatore che lo spingono a voler cambiare la merce sono d’ordine “personale” (ha sbagliato la taglia o il colore ad esempio), non sussiste per legge un generale diritto al cambio della merce.
Se le cose stanno così, allora non sorprende che in molti si domandino come mai, nella maggioranza dei negozi, una volta compiuto il pagamento è ricordato di custodire lo scontrino per possibili cambi. Ebbene, la risposta è molto semplice: in dette circostanze, entrano in gioco le politiche discrezionali del singolo negozio o della catena.
Analogamente, non stupisce che non pochi commercianti scelgano liberamente e discrezionalmente di permettere il cambio del prodotto per strategia commerciale e dunque per fidelizzare e consolidare la clientela. Attenzione dunque a ciò che stabilisce il singolo negozio: se ad esempio alla cassa il commesso spiega che la possibilità di cambiare la merce è ammessa entro un certo termine o a specifiche condizioni, il consumatore dovrà rispettarle se vuole approfittare della possibilità di cambiare il prodotto. Non potrà di fatto opporsi, non avendo rilievo le sue ragioni rispetto a quanto indicato dal negoziante.
In quest’ottica, sono assolutamente legittimi quei cartelli che spesso si trovano nelle vetrine dei negozi fisici, in cui si trovano scritte frasi come: “la merce venduta in promozione non si cambia” o “i saldi non si cambiano nei giorni di weekend”. Tutto ciò non contrasta con alcuna norma di legge. Anzi siamo innanzi a limitazioni del tutto legittime, sulla scorta del fatto che la possibilità di cambiare la merce si deve combinare con le politiche praticate del venditore. Quest’ultimo – lo ribadiamo – può comunicare eventuali limitazioni e – lo sottolineiamo onde rispondere chiaramente ad una questione tipica – spesso, oltre allo scontrino fiscale il negoziante richiede che la merce sia del tutto integra, munita delle etichette o del cartellino originale. Ciò gli è consentito ed è perfettamente legittimo.
In altre parole, laddove il cambio merce dipenda dalla volontà del commerciante (ad esempio perché il capo di abbigliamento è troppo stretto), quest’ultimo potrebbe legittimamente subordinare detta operazione alla conservazione dello scontrino fiscale. In tale ipotesi il consumatore non potrebbe opporre alcun tipo di contestazione.
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