Sembra strano ma anche una donazione dei parenti può essere oggetto di controlli. Quindi, bisogna stare molto attenti. Ecco come muoversi.
Si avvicina il periodo natalizio e, tra i tanti regali possibili, ci sono le donazioni. Molto spesso i parenti donano una piccola cifra ai familiari. Molto spesso, il tutto avviene con i contanti ma, ormai, è sdoganato anche il metodo elettronico. Quest’ultimo, come sappiamo, permette di rendere la transazione tracciabile.
Con l’apertura del nuovo anno, la legge ha importo un paletto di 1.000 euro a salire per gli scambi di contanti. Oltre la soglia, dunque, si deve procedere con un assegno o un bonifico. E, come riporta laleggepertutti, se la cifra viene custodita a casa e spesa in determinati momenti non ci possono essere sanzioni. Se, invece, questo viene depositato in banca allora ci possono essere problemi. Il Fisco potrebbe attivarsi e iniziare i controlli di rito.
Naturalmente, i problemi possono sorgere in due casi. Il primo è che l’accredito sia rilevante. Il secondo caso riguarda un accredito costante. In caso di controlli, sarà il contribuente a dover mettersi in regola. Quindi, qual è la posizione? Vediamolo insieme.
Donazione dei parenti: cosa fare in caso di controlli
La posizione del contribuente ci viene svelata dal sito laleggepertutti. Quando siamo in presenza si una piccola somma regalata, questa non deve essere dichiarata. A dirlo è la stessa Agenzia delle Entrate nella circolare n. 3 2018. In questo documento si parla di donazioni di modico valore in cui non fanno scattare nessuna imposta. Il problema sorge sull’inquadrare questo “modico valore”. Se, invece, la donazione non venisse considerata modica partirebbero i controlli.
In questo caso, dunque, non solo si dovrebbe dichiararla all’Agenzia delle Entrate. Ma anche procedere ad un atto pubblico notarile. In assenza di questi scenari, la donazione sarebbe nulla e chi ha donato, o gli eredi, potrebbero chiedere il ritorno del denaro. In sintesi, quando esce fuori l’imposta sulle donazioni si deve riportare tutto nella dichiarazione dei redditi.
La parte del contribuente è di dimostrare che si tratta di una donazione dal modico valore. Cosa che non porterebbe nessuna tassa. La situazione, qui, da analizzare è quando si versa la cifra in banca o sul conto. La dimostrazione è possibile solo attraverso una prova documentale. Come, ad esempio, una scrittura privata. Da come vediamo, basta mettere per iscritto su un documento la volontà di donare.
Però per evitare che il documento sia fatto solo dopo i controlli. Il Fisco chiede un documento con data certa. Questa si ottiene attraverso un notaio, la registrazione all’Agenzia delle Entrate o scambio di una PEC. In aggiunta, la data certa è possibile ottenerla anche con una marca temporale elettronica o spedizione del documento con raccomandata a.r a se stesso. In questo ultimo caso, il timbro della Posta è allo stesso livello della certificazione di un pubblico ufficiale.
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Infine, la scrittura privata è resa necessaria quando il donazione arriva da un familiare non convivente. L’obbligo non esiste se la somma arriva da una persona che vive sotto lo stesso tetto. La legge dice che i genitori devono prendersi cura dei figli. Stesso discorso se si parla della coppia di coniugi. Per questo motivo, non esiste nessun obbligo. Negli altri casi citati, dunque, sarà chi ha ricevuto la donazione a dover giustificare la provenienza.