I risparmiatori italiani, nonostante il momento finanziario poco felice, investono ancora nei buoni fruttiferi postali.
I tempi non sono dei migliori, ma chi se lo può permettere, percorre ancora la strada dell’investire il proprio denaro. I buoni fruttiferi postali, nonostante non abbiano chissà quale valore sul mercato, rappresentano comunque una piccola fonte di reddito futuro. Magari per garantirsi qualche spicciolo in più quando si conclude il proprio ciclo lavorativo. Costano poco, in fondo rendono un minimo garantito. Quel minimo sicuro, perché non sono e non saranno mai un rischio.
Inoltre rappresentano una strada sicura da seguire per i minori, pensando al loro futuro. Un padre, un nonno, li sottoscrivono pensando al domani di un loro congiunto. Ed è qui, in questo caso, che Poste Italiane offre le maggiori agevolazioni di cui parleremo.
Lasciarli “maturare”, per generare interesse, seppur piccolo, è l’obiettivo principale del loro acquisto. E non c’è che dire ci sono ancora italiani che investono e come nei cosiddetti Bfp, sigla che si riferisce ai Buoni Fruttiferi Postali Italiani!
Nessuno può negare come, allo stato attuale, un po’ tutte le forme di investimento che esistono nel nostro Paese, che siano bancarie o postali, non diano più gli interessi di una volta, aggirandosi in media al di sotto dell’1%. I guadagni sono infatti molto irrisori, con poche eccezioni. Qualcuno direbbe in fondo, e non a torto, se le banche devono incassare i numeri degli interessi vanno alle stelle. Se gli interessi riguardano il nostro guadagno arrivano le briciole.
Alla fine appare chiaro che non rendono molto (cioè pochi decimali di punto all’anno) ma in fondo costano anche poco. Perché non provarci? Anzi, sono completamente esenti da commissioni e godono pure di una tassazione agevolata, meno pesante di quella che grava invece su altri strumenti finanziari.
I Buoni fruttiferi postali (Bfp) rappresentano una categoria di prodotti del risparmio tradizionalmente molto amati dalle famiglie italiane, che vi tengono investiti complessivamente ad oggi oltre 130 miliardi di euro.
Essendo emessi dalla Cassa Depositi e Prestiti e garantiti dallo Stato Italiano, i Bfp sono senza dubbio dei prodotti a basso rischio, e questo li rende sempre appetibili.
Sono assimilabili ai Buoni del Tesoro come i Bot, i Cct o i Btp. Quest’ultimi, però, ogni giorno vengono negoziati sui mercati finanziari e hanno dei prezzi che oscillano in continuazione, esponendo chi li acquista al rischio di subire delle perdite, se ha bisogno di farsi liquidare il capitale da un momento all’altro.
I Buoni Postali, invece, no. Per loro, il capitale è sempre garantito, qualunque cosa accada sui mercati. Chi li acquista può infatti ritirare i soldi in ogni momento (più gli eventuali rendimenti maturati), senza il rischio di perdere un centesimo di quanto versato, dopo aver però pagato le imposte dovute per chi li ha tenuti in custodia. Non pensate infatti che Poste Italiane non pretenda la propria parte di guadagno in ogni caso.
Inoltre esiste una differenza sostanziale rispetto a quanto avviene per i Buoni del Tesoro che si ordinano in banca e sono soggetti a commissioni di negoziazione proporzionali al capitale investito. I Bfp (che sono collocati in esclusiva agli sportelli del gruppo Poste Italiane) sono invece esenti da qualsiasi balzello di questo genere.
Non è prevista cioè alcuna commissione, né per il versamento né per la liquidazione del capitale. Gli unici oneri sono dovuti appunto al fisco: sono infatti previsti due tipi di tassazione.
La prima è rappresentata dall’imposta di bollo, una mini-patrimoniale trattenuta ogni anno alla fonte e pari allo 0,2% del capitale investito, ma soltanto quando supera il valore di 5mila euro. Sotto questa soglia, invece, il balzello non viene applicato. Poi c’è un’imposta del 12,5% sui rendimenti, cioè sugli interessi maturati annualmente.
Si tratta dello stesso prelievo previsto per i titoli di stato, inferiore a quello che grava invece su altri strumenti finanziari come le azioni, le obbligazioni o i conti correnti, i cui interessi sono invece tassati al 26%.
E’ importante, a questo punto, che il consumatore medio, ipotetico risparmiatore, possa essere a conoscenza di tutti i dettagli del caso. E capire quanti tipi di buoni fruttiferi postali esistono sul mercato e quanto possono rendere.
Le possibilità sono svariate, i tassi di interesse come vedremo restano gli stessi, alcune caratteristiche li accomunano.
Eccole:
La novità importante è il leggero aumento sugli interessi maturati per. alcune tipologie. Certo, non siamo a livelli degli anni 80, per carità. E quanti di noi, 60enni o 70enni di oggi, hanno nostalgia di quei buoni fruttiferi postali che rendevano certo molto di più.
Vi parleremo del 3×4 e del 4×4. Il primo comporta l’investimento più basso e naturalmente anche l’interesse minore. Il secondo comporta l’esborso più ampio in denaro ma la resa, nel tempo, è decisamente diversa. Nel primo caso la scadenza è 12 anni, in fondo un periodo ragionevole. Ad ogni triennio maturato interessi. Si può ritirare in qualunque momento, con la restituzione del capitale versato e degli eventuali “guadagni”. E’ evidente che conviene attendere, altrimenti non ha senso aver investito. Offre lo 0,50% di interesse annuo.
Il secondo rende lo 0,75% annuo, che al momento rappresenta l’interesse più alto. Possiede una scadenza finale a 16 anni e maturazione degli interessi ogni 4 anni. Anche in questo caso è possibile chiedere il rimborso in qualsiasi momento. Come si può notare, sia questi che altri prodotti non arrivano all’1% di interesse.
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La bella notizia è che finalmente, con una particolare procedura, seguendo un determinato iter, è possibile raggiungere il 2,50% di interesse annuo. Il sottoscrivente deve essere gioco forza un adulto, il destinatario deve essere un minore. Prima si comincia il percorso meglio è. Al raggiungimento della maggiore età, si può arrivare fino a superare il 2% di interesse.
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