Esattamente 58 anni siamo stati testimoni del disastro del Vajont, una delle più grandi tragedie della storia contemporanea. Vediamo quanto era alta l’onda che ha spezzato la vita a centinaia di persone.
Il 9 ottobre 1963, alle ore 22.39, dalla cima del Monte Toc al confine tra Veneto e Friuli Venezia Giulia, si staccarono 270 milioni di metri cubi di roccia, cadendo nel bacino della Diga del Vajont ad una velocità di 110 km/h, producendo un’enorme ondata. Il disastro divenne subito oggetto di polemiche politiche nel panorama mediatico.
Già nel 1960, poco dopo il completamento della diga, si verificarono piccole frane. Il timore che il Monte Toc potesse crollare era diffuso nella zona. Sebbene la diga incorporasse le più recenti competenze tecniche, era stata costruita senza la dovuta considerazione di rapporti geologici, possibili problemi tettonici, conoscenza locale del territorio e instabilità del Monte.
Inoltre, costruttori e gestori della diga non hanno rispettato i requisiti di conservazione del suolo, passando sopra le norme di sicurezza. Le preoccupazioni relative alle finanze e una fede nello sviluppo e nelle competenze tecniche avevano eclissato la reale considerazione dei fattori ambientali nella valle e della minaccia alla vita umana.
All’epoca, la diga del Vajont era la più alta del mondo. La sua altezza era di 262 metri, era larga 190 metri, aveva uno spessore alla base di 22 metri e una profondità di 3 metri e mezzo. Cifre enormi per l’epoca. Alle ore 22.39 del 9 ottobre 1963, un’enorme frana precipita all’interno della diga.
La frana solleva un’onda d’acqua di circa 250 metri, come un enorme tsunami, che si divide in tre parti. La massa dell’acqua era talmente imponente e veloce che diversi studi l’hanno paragonata ad un’esplosione nucleare.
La diga, completata nel 1959 e all’epoca una delle più grandi al mondo, non subì gravi danni. Tuttavia, le inondazioni hanno distrutto diversi villaggi nella valle, uccidendo centinaia di persone. Basti pensare che morì un terzo della popolazione di Longarone, il più grande villaggio a valle della diga.
La frana provocò un’ondata enorme e allagò la valle del Piave. Nel suo corso, l’onda si è infranta e ha travolto interi paesi lungo la valle del fiume: Longarone, Pirago, le sponde di Fornace, Villanova, Faè e Castellavazzo. Danneggiò, inoltre, le zone di Soverzene e Belluno.
Il conteggio finale del disastro del Vajont è stato di 1.917 vittime di cui 1.450 a Longaronem, 109 a Codissago e Castellavazzo, 158 a Erto e Casso e 200 da altri comuni. Moltissimi cittadini furono sfollati in altre comunità vicine. Subito dopo l’incidente, il tema della ricostruzione di case e paesi è diventato molto urgente e delicato.
L’intento delle istituzioni era quello di ricollocare la popolazione locale e le abitazioni, ricostruendo così la struttura sociale delle comunità. Questo piano è stato pesantemente criticato dalla gente e ha causato enormi disordini, portando alla disobbedienza civile e manifestazioni organizzate, che però hanno avuto scarsi risultati.
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