In tanti si chiedono se si devono pagare o meno le tasse sulle mance. Dopo anni è arrivata la risposta da parte della Cassazione.
Una novità importante, rispetto al passato, arriva in merito alla questione inerente al pagamento delle tasse sulle mance. Al cui riguardo arriva il via libera della Cassazione: ma ecco di che cosa si tratta nello specifico.
Si legge su TgCom24 che l’articolo 51 del Testo unico delle imposte sui redditi, nel testo post riforma Irpef dell’anno 2004, si focalizza su di una nozione onnicomprensiva di reddito da lavoro dipendente, che non si limita solo al salario che viene percepito dal datore di lavoro.
La suddetta nozione comprende le somme e i valori in genere, percepiti a qualsiasi titolo durante il periodo di imposta. Anche se in forma di erogazioni liberali connesse al legame lavorativo.
Tra questi, dunque, anche le mance, le quali pur se non percepite in modo diretto dal datore di lavoro, comunque derivano dal rapporto subordinato e dunque rappresentano una entrata in merito a cui il lavoratore, scrive la Corte, “può fare, per sua comune esperienza, ragionevole, se non certo affidamento”.
Si è dunque pronunciata la Cassazione, essendo arrivato il relativo via libera, sulla questione inerente al pagamento delle tasse sulle mance, dopo il caso di cui ha avuto modo di occuparsi.
Il principio infatti è legato alla sentenza 26512 che è stata depositata il 30 settembre. A proposito di un contenzioso che ha riguardato l’Agenzia delle Entrate da una parte e un capo ricevimento di una struttura alberghiera di lusso dall’altra.
Stando a quanto riportato da Il Sole 24 ore, si legge su TgCom24, il dipendente avrebbe intascato all’incirca 83.650 euro nell’arco di un anno. Tale somma era stata catalogata come reddito da lavoro dipendente non dichiarato, da parte dell’Agenzia.
Il ricorso del capo ricevimento era stato accolto dalla Commissione tributaria regionale. Questa si era pronunciata in merito alle mance giudicandole non tassabili in basse alla “natura aleatoria“. In virtù del fatto che fossero state “percepite direttamente dai clienti senza alcuna relazione con il datore di lavoro”.
Il ricorso ad opera dell’Agenzia dell’Entrate è stato accolto dalla Cassazione che ha stabilito che “deve essere condiviso l’assunto dell’Amministrazione finanziaria”.
Le mance in questione non “condivise“ con il fisco fanno parte del quadro di norme che stabiliscono una sola linea per il reddito da lavoro dipendente, sia per quanto riguarda i fini contributivi che fiscali.
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Per tale ragione, “le erogazioni liberali percepite dal lavoratore dipendente”, legate al lavoro e all’attività lavorativa, mance comprese, fanno parte “della nozione onnicomprensiva di reddito fissata dall’articolo 51, primo comma, del Dpr 917/1986, e sono pertanto soggette a tassazione”.
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