Vite al Limite, il programma americano che da anni segue il difficoltoso percorso di persone che pesano oltre i 200 chili, in onda con uno strepitoso riscontro di pubblico anche in Italia su Real Time, continua a non perdere un colpo.
Vite al limite: storie vere, tra drammi e grandi traguardi
Le storie, i personaggi reali che ci sono dietro, le loro paure, il dramma di chi non ce la fa a uscire dal tunnel dell’obesità. E soprattutto il coraggio e a tratti anche la cruda severità, senza non mai una umanità infinita, dell’ormai celebre Younan Nowzaradan, il medico di origine iraniana che coordina da lungo tempo il programma di dimagrimento di decine e decine di pazienti presso la sua clinica di Houston, in Texas.
Abbiamo assistito ai viaggi chilometri, Stato per Stato, di pazienti con un peso fuori dalla norma, anche di 300 chili, allettati da mesi, costretti a giorni di auto o di ambulanza per raggiungere la clinica del celebre chirurgo. Persone senza più un filo di speranza, devoti al cibo come una droga, con conseguenze fisiche disastrose legate al loro peso. Spesso li abbiamo visti incapaci di muoversi, non autonomi nemmeno per lavarsi. Alcuni di loro con conseguenze orribili come linfedemi alle gambe da operare.
Vite al limite: il cibo come rifugio al dolore
Le loro vicende ci hanno commosso, ci hanno fatto anche arrabbiare, ci hanno coinvolto, quando palesemente i loro familiari non li sostenevano, assecondando la loro insana voglia di cibo. Abbiamo assistito ai loro progressi, alle loro ricadute. Molti, moltissimi di loro ce l’hanno fatta. Altri hanno visto anche arrivare inesorabile la morte per le conseguenze delle loro condizioni fisiche. Nowzaradan non li lascia mai mai soli, combatte con loro e per loro, li sprona, li scuote, cerca sempre di comprendere le loro vicende personali. Quelle che spesso ci raccontano di violenze domestiche, di famiglie con abusi, di uomini e donne che si rifugiano nel cibo perchè non hanno altre speranze, altri appigli a cui appoggiarsi. In una vita che per loro è un mare in tempesta, mangiare diventa l’unica boa per non affondare.
Nowzaradan: ecco il celebre medico iraniano che combatte con loro
Nowzaradan non è solo un chirurgo ma anche un grande psicologo, comprende subito quali siano le problematiche di ogni singolo paziente e le ragioni che lo conducono nel tempo ad arrivare ad un aumento di peso abnorme.
Su Wikipedia si possono trovare le storie di tutti i pazienti, le loro schede, le loro perdite di peso e anche le loro condizioni attuali. Per tutti c’è un finale, che a volte si rivela tragico.
Negli anni, gli autori hanno cambiato il format, che come noto ha anche uno spin-off, Vite al Limite e poi. Senza dimenticare che Nowzaradan è presente anche in una sorta di programma collaterale, Skin Tight, dove alcuni dei suoi pazienti, a distanza di anni, si fanno operare da lui per gli eccessi di pelle rimasta dopo la perdita di peso.
Vite al limite: come è cambiato il format del programma
Vite al Limite, all’inizio, seguiva le persone obese per ben 7 anni. Un periodo davvero lungo, ovviamente riassunto nell’arco di una puntata. Successivamente le loro storie si sono ridotte a 12 mesi, arrivando anche solo a 6. Le puntate però al contrario, su ogni personaggio, sono aumentate come durata, arrivando fino a due ore piene. Divise di solito in due parti. Questo è accaduto dalla quinta stagione in poi. Le storie, come detto, sono tutte vere, e le riprese non nascondono nulla, mostrando gli interventi ospedalieri, la vita privata, aprendo le porte del pubblico alle sofferenze, al dolore, alle gioie.
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Ad oggi settembre 2021, di tutti i pazienti di Nowzaradan, ne risultano deceduti 10. Tutti, dicono gli autori, per cause naturali legate alle conseguenze della loro obesità, uno per suicidio, il caso più scabroso.
Quello di James Bonner, che si uccise a 35 anni con un colpo di pistola. Sul web ci sono le sue foto, il dimagrimento. Era diventato un’altra persona. Ma i suoi tormenti non si erano placati. Tra la famiglia e la produzione nacque anche una controversia giudiziaria, con accuse di eccessiva spettacolarizzazione della vita dei pazienti da parte del programma.