Le Stelle Michelin sono state ideate dalla omonima e prestigiosa guida, che forse pochi sanno non è italiana bensì francese. E ha avuto origine nel lontanissimo 1898.
A dimostrazione, nessuno se la prenda a male, che la gastronomia transalpina, storicamente, non rappresenta solo una pietra miliare mondiale. Ma con tutta probabilità, alcune delle nostre più grandi ricette, nate dalle mani dei nostri più grandi maestri, sono nate dall’ispirazione francese. Potete anche storcere il naso, ma basta per un attimo “svecchiarsi” da quella competizione che da sempre accompagna i due nostri Paesi, per provare a ragionare. A farlo con la storia nelle mani. Il nostro meraviglioso e straordinario ragù, ad esempio, ha un parente lontano nella gastronomia francese. Lontano perchè ha avuto origini precedenti: il ragout, che altro non era che uno stufato di carne cotto molto a lungo. Vuoi vedere che…
E’ curioso e affasciante sapere che la Guida Michelin era nata non certo per presentare al pubblico percorsi degustazione da 300 euro a persona, in locali dove l’accoglienza raggiunge livelli altissimi. Dove le cosiddette “coccole” al cliente sono la parola d’ordine, dove la sala funziona alla perfezione, dove nei piatti non si bada alla sostanza ma alla forma e al gusto (non è sempre così ovviamente). E dove le mani dello chef disegnano pietanze ed emozioni che non assaggerai mai più nella tua vita.
Intanto esiste una bella differenza tra gli ottimi buoni locali con una stella, per arrivare a quei pochi che ne hanno 3. Dove ovviamente paghi anche il valore dello chef, la sua fama, la sua ricercatezza, la sua cultura. E negli ultimi tempi anche la sua presenza in tv. Perchè dovreste chiedervi, se non lo avete fatto, come può mantenere costi di gestione così alti un locale di 2 o 3 stelle, tra tempi di lavorazione dei prodotti.
Visto che alcuni piatti hanno anche 20 passaggi, sala, squadre di cucina con 30 persone. Certo, c’è lo straordinario rincaro dei vini, ma in un locale dove si pagano 130 euro a persona, senza considerare i prezzi della cantina, quanti dovrebbero essere i clienti che siedono ai tavoli ogni giorno, per coprire costi di gestione tra i 20 e i 30mila euro mensili?
Intanto la Guida Michelin era nata per aiutare e sostenere gli automobilisti nel saper scegliere con intelligenza i luoghi dove mangiare durante i loro viaggi. La Guida Micheli, non una sorpresa, è stata creata alla fine dell’ottocento in Francia dai fondatori dell’omonima fabbrica di pneumatici. Chi ricorda i famosi simboli? Comfort, Servizi, Giudizio, Prezzi. La Guida ti aiutava a decidere anche in base ai tuoi gusti. E naturalmente alle tue possibilità.
Oggi pranzare o cenare in uno stellato, un 2 o 3 stelle, non è sempre garanzia di sorrisi e gioie quando ti alzi da tavola. Intendiamoci bene se parliamo di cucina italiana. Non è sempre facile accontentare i nostri palati, così come spesso non si crea alchimia tra i piatti dello chef e i gusti del pubblico. In determinate circostanze puoi rimanere affascinato a tal punto dal nome dell’artista ai fornelli, dall’accoglienza della location, che accade che anche se nei piatti non si rasenta la perfezione, tu rimani comunque super soddisfatto. Eri entrato in quel locale perchè lo desideravi da una vita, fai le foto a ogni piatto, non vedi l’ora che lo chef a fine cena arrivi in sala per farti un selfie e pubblicarlo sui social.
In altre occasioni, la bravura del maestro è talmente elevata che anche il muro dello scetticismo più alto può essere abbattuto. Altre volte si tratta di pietanze particolari, che regalano un gioco di consistenze e di aromi a cui non sei abituato. E quindi paghi scontento e te ne vai ancora più scontento.
Molti chef, soprattutto di fama, in Italia, titolari di locali importanti e con un grande passato alle spalle, già prima del Covid si erano resi conto del cambiamento notevole che la cucina sta avendo e ha nel nostro Paese. L’accoglienza, le materie prime ricercatissime, i prezzi elevati giustificati dal posto e dalle spese sostenute dall’azienda, non fanno il paio con i tempi difficili. Quelli acuiti dalla crisi e dalla pandemia. E così molti chef di grido hanno aperto anche locali più alla mano, offrendo al pubblico una proposta diversa, ma lasciando la loro impronta e non trascurando nulla. Abbracciando ad esempio street food o panini d’autore.
Ricordiamo che anche se il locale dove mangi per assurdo non avesse le stelle, quelle restano al ristorante, mangiare “alla corte di uno stellato” vorrebbe dire comunque anche degustare i piatti di uno chef che i premi li ha presi altrove. Tecnicamente non è la stessa cosa direte voi, ok. Ma la cucina è la sua, la mano è la sua. Ma voi volete lo stellato, anche a prezzi bassi.
Ed ecco la genialità di Davide Oldani, il primo ad abbracciare una idea di cucina per tutte le tasche. Il suo “D’O” ti consente un menu degustazione con moltissime portate a 90 euro a persona. Che ti aspettavi? E’ sempre un due stelle. Provare per credere. Nello scenario di Cornaredo, nel milanese, puoi davvero pagare poco, rispetto alla concorrenza, e gustare piatti straordinari. Ovviamente in linea con quello che paghi. Non ti aspettare perciò il carbonaro nero dell’Alaska che costa 80 euro al chilo o la carne giapponese wagyu che supera i 400 euro al chilo. Ma di certo pietanze particolarissime potrai mangiarle.
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Attenzione però, perchè Oldani non è il più economico d’Italia. Da due stelle dobbiamo scendere a una, ovviamente.
Eccoci nella provincia di Salerno, a Eboli, con il “Il Papavero” dello chef Fabio Pesticcio. Qui, un menù degustazione di 3 portate più piccola pasticceria costa 30 euro, mentre, con una spesa di 40 euro, si possono ordinare 5 portate di pesce o di carne più il dessert.
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