Il ragù rappresenta la pietra miliare della nostra cucina, quella tradizione che, secondo determinati cuochi, non andrebbe mai scalfita, giammai “contaminata”, dall’innovazione e dalla sperimentazione.
Ragù: tradizioni e scuole di pensiero, da Nord a Sud
Esistono tanti modi di fare il ragù, da Nord a Sud: il concetto basilare è di certo la proteina animale, la carne, la cui consistenza può variare. Così come il suo accompagnamento. Non è detto infatti che la componente vegetale debba per forza di cose essere rappresentata dal pomodoro.
Ragù: il pomodoro regna sovrano
Di certo è elemento cardine del ragù, dalla scuola della bolognese-emiliana, fino a quella della cottura lunga e lenta della tradizione partenopea o del Sud Italia. Qui cambiano due cose: la consistenza della carne, certamente il tipo di carne da usare e naturalmente anche i tempi di cottura.
Parola d’ordine lunghe cotture e carni povere
Che variano, ovviamente, a seconda sia della pezzatura della carne (un macinato di bovino o maiale cuocerà molto prima rispetto a una braciola di manzo immersa nella base di pomodoro) che del suo taglio. Infatti ricordiamo, nel mondo delle carni, che esistono i primi, i secondi e i terzi tagli. E in genere, quelli più appropriati per il ragù, i cuochi furbi, sanno bene che sono le cosiddette terze scelte. In certe regioni i ragù nascono addirittura con le cosiddette “quarte scelte”, dette anche quinto quarto, ovvero le interiora, come in Puglia o in Campania dove il sugo per la pasta viene preparato con involtini di intestini di agnello. Si chiamano Mugliatielli in Irpinia e Turcinielli in Puglia.
Il ragù bianco
Nel caso delle terze scelte, parliamo comunque di parti povere, con molta muscolatura, detta anche tessuto connettivo, con un minimo di parte grassa, in questo caso fondamentale per dare gusto al pomodoro. Poi ci sono i ragù cosiddetti “slegati”, almeno all’apparenza, dove non c’è la componente pomodoro. Per molti non sono veri e propri ragù, per altri lo sono. La scuola di pensiero in questo senso è articolata. Di certo, se pensiamo alla tradizione napoletana, dove la pasta viene servita con un sugo di cipolle, in parte crema e in parte in consistenza, carico di pezzetti di carne, ovvero la genovese, potremmo classificarlo come ragù bianco. Senza dimenticare che nell’antica scuola emiliana, la bolognese veniva preparata in bianco e con il latte, senza pomodoro.
Sale nel ragù? E se ne facessimo a meno?
Nella preparazione del ragù, naturalmente, 9 persone su 10 usano il sale. Il sale è indispensabile, o almeno tutti la pensano così. Si sala la carne mentre rosola nel soffritto di cipolla, si aggiunge sale al sugo di pomodoro. E se ci fosse un metodo straordinario, salutare, per gustare il tuo ragù senza un solo granello di sale? Le nostre nonne essiccavano le verdure al sole, allo scopo di conservarle meglio. La perdita di acqua, infatti, allontana le cariche batteriche. Aumenta la cosiddetta “shelf life”, ovvero sopravvivenza, del prodotto. Lo si può fare con tutti i vegetali, ovvero con verdure e frutta. Ma anche con carne e pesce.
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Il segreto del ragù senza sale
Cosa succede quando essicchiamo un pomodoro e lo priviamo della sua acqua? Il 95% della componente di un pomodoro crudo è rappresentata da acqua, il resto è diviso tra zuccheri e proteine (pochissime) e grassi (ancora meno). Possiamo farlo anche in casa con un essiccatore domestico. Costano molto poco, sono a buon mercato. Il pomodoro secco adesso possiamo tritarlo e farne una polvere. Proviamo ad assaggiarlo: incredibile, è saporito! Non salato ma sapido! Perchè vi chiederete? Perchè con la perdita dell’acqua, è aumentata la quantità di proteina in modo esponenziale. E la proteina, sottoposta a calore, viene percepita come sapidità al palato. Provate ora ad aggiungere al vostro ragù un cucchiaio abbondante di pomodoro secco in polvere fatto in casa da voi! Senza cambiare nulla della ricetta, unitelo alla carne e alla passata di pomodoro. Incredibile, sentirete il ragù intenso, saporito. Inizierete un percorso meraviglioso in cucina. Ovviamente se abituati al sale, vi servirà un processo di abitudine graduale. Ma già le prime settimane comincerete a ridurre il sale della metà, fino a non usarlo affatto. E’ il potere della sapidità contenuta nelle proteine dei vegetali.