La medaglia di bronzo alle Olimpiadi è un risultato eccezionale: eppure ottenerlo ha portato un campione al suicidio. Ecco la sua storia.
Quando si caricano sulle spalle di un atleta le aspettative e le speranze di un paese intero, per quanto egli possa essere talentuoso, la tensione può diventare insostenibile. Ne sa qualcosa la ginnasta americana Simone Biles. Può capitare che un risultato sportivo ragguardevole come un bronzo, il terzo gradino di un podio internazionale, possa non bastare. E diventare insostenibile.
Le reazioni possono essere tragiche, dalla fine della carriera sportiva fino ad arrivare addirittura al suicidio. Successe alle Olimpiadi di Tokyo. Le prime, quelle del 1964.
Le Olimpiadi nipponiche di quasi sessant’anni fa furono più di una kermesse sportiva, come spesso accade: si trattò della prima passerella internazionale per il nuovo Giappone che uscì distrutto dalla Seconda Guerra Mondiale. Fu quello il frangente che diffuse una nuova immagine del paese nel mondo e ne stimolarono il miracolo economico.
Kokichi Tsuburaya era uno degli atleti più attesi di quella edizione, che comportò il record di ori e medaglie per il Paese del Sol Levante. Tsuburaya, con una storia personale tragica e un difetto fisico che aveva complicato il suo percorso sportivo, era un velocista che gareggiò nei 10.000 metri e nella maratone olimpica.
Acclamato da decine di migliaia di spettatori, vinse la prima, storica, medaglia giapponese nell’atletica leggera. Per pochi metri non fu d’argento, superato al photofinish dal canadese Heatley. Non se lo sarebbe mai perdonato: «Ho commesso un errore imperdonabile davanti al popolo giapponese e dovrò rimediare», confidò al compagno di squadra Kimihara. Quel sorpasso di misura, subito dinnanzi al suo paese in festa, sarà un peso troppo grande.
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Gli allenamenti per l’edizione successiva per i giochi olimpici in Messico furono così duri da provocargli gravissimi problemi fisici. La sua partecipazione alle Olimpiadi fu messa in discussione, e così anche il matrimonio con la promessa sposa Eiko. Non ne poté più: l’8 gennaio 1968 Kokichi Tsuburaya si suicidò mentre indossava la sua medaglia di bronzo, lasciando una lettere di scuse ai genitori. Una storia drammatica, che dovrebbe insegnare a non caricare gli atleti di attese messianiche.
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