Intervistata da La Stampa, Maria De Filippi parla della compianta Raffaella Carrà. Perché piaceva tanto alla comunità LGBT+? Per lei è ovvio.
Maria De Filippi e Raffaella Carrà: due icone intramontabili della televisione, “due bionde che contano” per citare Luca Zanforlin, che occupano un posto speciale nei cuori della comunità LGBT+ a cavallo di due generazioni e più. Nel delicato e talvolta impervio percorso verso l’accettazione di sé stessi, molto importanza nelle vite di tanti hanno rivestito una canzone della Carrà o una serata di Amici.
Raffaella, tuttavia, è stata un’antesignana dei tempi, una rivoluzionaria dei costumi, l’incarnazione di una forza liberatrice della sessualità. Come lei, per la comunità LGBT+, nessuno.
Maria De Filippi, la conduttrice forse più risonante e popolare dell’attuale panorama mediatico italiano, ha un’opinione ben precisa del perché la compianta regina della TV conservi un posto così inscalfibile nell’iconografia gay.
La Carrà ci ha sempre scherzato e ne ha sempre fatto un vanto. Sull’epitaffio della sua lapide avrebbero potuto incidere: “perché sono piaciuta tanto ai gay?”. La De Filippi, raggiunta dai redattori de Lo Specchio, popolare inserto de La Stampa, saprebbe dare due risposte.
Raffaella è piaciuto così tanto alle persone LGBT+ semplicemente perché era un’icona per tutti. Innanzitutto. Nello specifico, la sua liberazione dei costumi riguardava tutti ma soprattutto le persone con orientamenti sessuali e di genere non ancora accettati dalla società.
«Ballava vestita da suora sexy cantando un successo dei Beates con i ballerini mezzi nudi che si muovevano come se fossero a cavallo», sostiene Maria senza edulcorare. Perché la rivoluzione della Carrà era anche e soprattutto questa: la valorizzazione della libera espressione dei propri corpi e della propria sessualità. Il fatto che Raffaella Carrà fosse cresciuta con due donne, e non ne avesse mai fatto mistero, ha sfatato molti tabù.
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A proposito di tabù e di libertà: la conduttrice di Amici e C’é Posta per Te ha commentato anche il discusso DDL Zan. Una questione di civiltà, secondo lei, una certificazione della rivoluzione già avvenuta nei rapporti umani e dei diritti, anche grazie a Raffaella.
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