Paola Egonu ha appena marciato come portabandiera olimpica a Tokyo. Nel frattempo, in Italia, il dibattito sullo ius soli continua.
Un momento di grazia per la pallavolista azzurra Paola Egonu, che ha rappresentato l’Italia e l’Europa trasportando il vessillo olimpico durante la cerimonia di apertura delle Olimpiadi di Tokyo 2020. Purtroppo, il colore della pelle e le origini etniche di una delle pallavoliste più promettenti al mondo fa ancora notizia più dei suoi indiscutibili meriti nel volley. Nel bene o nel male si potrebbe dire.
La telecronaca Rai delle cerimonia, affidata alla Telecronaca di Franco Bragagna e Julio Velasco ne è la riprova. Lo scambio tra i due ha riportato al centro della scena il dibattito sullo ius soli, mai sopito davvero. Un dibattito anticipato da tutte le isolate e stonate affermazioni riferite alla scelta ricaduta su Egonu solo per il “politicamente corretto” che si sono sentite negli ultimi giorni.
Paola Egonu e lo ius soli
Paola Egonu è nata da genitori di nazionalità nigeriana. Per questo motivo, con le attuali regole per conseguire la cittadinanza italiana, ha dovuto attraversare tutta la sua infanzia e l’adolescenza come un corpo estraneo nella società alla quale è sempre appartenuta.
Come è abituata a fare nello sport, la insigne pallavolista ha dovuto faticare per dimostrare il suo amore e la sua appartenenza all’Italia. In questo caso, però, ha dovuto lottare per un diritto che le spettava dalla nascita, almeno secondo l’opinione di una parte consistente del paese.
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Bragagna, probabilmente, è tra questi: nel commentare la trionfale avanzata della Egonu mentre sostiene il vessillo olimpico, ha cercato di trarne il significato meta-sportivo. Il cronista ha inteso sottolineare quanto ci siano bambini e bambine come lei, che frequentano la scuola e parlano l’italiano, ma che non sono italiani come gli altri, a causa di un pezzo di carta. Questo nonostante siano nati, possibilmente, nel loro stesso ospedale.
Si tratta di un peso necessario? Si possono formulare le risposte che si preferiscono. Ma la storia dell’atleta al centro del mondo e dello stadio olimpico di Tokyo è semplicemente questa.