Antonio Vullo, unico agente sopravvissuto alla strage avvenuta in via D’Amelio, ha rilasciato delle dichiarazioni miste tra dolore e verità ancora nascosta.
A 29 anni dalla tragedia avvenuta a Via D’Amelio, a parlare è stato Antonio Vullo. Lui è stato l’unico sopravvissuto dell’attentato. Un episodio di una brutalità rara che ha portato via la vita a sei persone. Lui rimase solo ferito ma ci sono ferite che, probabilmente, non si rimargineranno mai.
Intervistato dall’Adnkronos ha fatto capire tante cose che ancora oggi rimangono avvolte nell’oscurità. Un uomo davvero umile che schiva l’appellativo “eroe” perché, lui dice, gli eroi erano il giudice e i suoi colleghi rimasti colpiti dall’attentato. Soffermandosi che quel luogo gli da pace solo quando è da solo ma quando si trova accanto ai familiari delle vittime, sente un dolore che gli fa pensare che al suo posto ci poteva essere un suo collega.
Le sue parole sono state durissime sia dal punto di vista emotivo sia dal punto di vista di una situazione che non è mai stata chiarita fino in fondo. A questo proposito dice: “Sicuramente c’è qualcuno che ancora adesso cerca di tirare bene i fili. I depistaggi, purtroppo, continuano”.
Strage via D’Amelio: l’attentato a Borsellino
Nel giorno del 29esimo anniversario, la strage di via D’Amelio è ancora viva nei ricordi di tutti. Soprattutto dell’unico superstite di quel giorno maledetto. Un punto centrale del discorso di Antonio Vullo è sul depistaggio che c’è stato e che continua a esserci.
Nella partecipazione nell’atro di Giurisprudenza a Palermo è andato in scena la drammaturgia sugli atti della Commissione regionale antimafia dell’Ars. Questo perché, proprio nei giorni scorsi, c’è stata la pubblicazione della relazione sul depistaggio. A tal proposito dice: “Ci sono ancora tanti di quei personaggi famosi, nelle istituzioni che non vogliono arrivare alla verità, perché non è solo un fattore di magia, ma qualcosa di più. Anche perché abbiamo visto subito dopo quello che hanno fatto…”
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Vullo ha poi parlato di una situazione che più si avvicina alla verità e più qualcuno cerca di confondere le indagini. Il suo riferimento è anche all’oggi e come non sia stato scoperto nullo, con chiaro riferimento alla borsa del giudice in cui c’era l’agenda rossa che non è mai stata ritrovata. Una storia che, probabilmente, non vedrà mai la luce della verità ma il ricordo di tutte queste persone che hanno lottato e perso la vita contro la mafia non morirà mai.