Francesco Aquila, vincitore di MasterChef 10 è stato protagonista di una lunga intervista in esclusiva con noi di CheNews.
Durante l’edizione 10 di MasterChef Italia, il cooking show di Sky prodotto da Endemol Shine Italy, sempre disponibile on demand, visibile su Sky Go e in streaming su NOW si è messo in luce Francesco Aquila. Con la sua cucina innovativa, ma allo stesso tempo legata alle radici del proprio territorio ha stupito i tre giudici aggiudicandosi la vittoria finale.
Una grande impresa per lui, che arriva dopo un anno difficile per tutto il settore della ristorazione. Durante il programma Francesco Aquila si è distinto, oltre che per le sue abilità, anche per la correttezza e l’altruismo mostrato verso gli altri concorrenti. Noi di CheNews.it abbiamo avuto il piacere di poterlo intervistare.
Come ti ha cambiato l’esperienza di Masterchef?
Sicuramente è stato un salto dal noto all’ignoto. Se prima sapevi cosa volevi fare, ora ti trovi in una galassia parallela. Una galassia tutta da scoprire e da visitare.
Hai pensato sin da subito di poter vincere, oppure lo hai capito strada facendo?
Ho pensato sin da subito di voler vincere. Una volta salito sul treno diretto a MasterChef mi son detto che mi toccava vincerlo. La posta era alta, un anno di aspettativa, una stagione non fatta. Le spese di certo non si fermano.
A chi dei tre giudici ti senti più vicino per il modo che hai di intendere la cucina?
Sicuramente a quella di Cannavacciuolo, perché è una cucina legata alla terra, al territorio e ai sentimenti appunto di ricordi.
Senti noi di solito vediamo il prodotto bello e impacchettato, ma cosa succede dietro le quinte? Ad esempio in che momento vengono registrate le mini-interviste che vengono lanciate durante la puntata?
Quelle interviste vengono registrate sia prima che dopo ogni sfida. In quel momento raccontiamo quello che abbiamo vissuto, magari parlando al passato. Le facciamo prima e dopo. Questa è una domanda che si chiedono in tanti.
Noi abbiamo riguardato tutte le puntate, il montaggio e tutto insieme a voi a casa. Anche perché 2 ore di trasmissione viste a casa è una settimana di registrazioni. Quindi non sappiamo mai come è il prodotto finito.
Riguardandolo a casa ti è capitato di esserci rimasto male per qualcosa? Magari un commento di qualcuno che ti ha dato fastidio.
Certo, è inevitabile. Le persone che si trovavano lì volevano vincere. Quindi non ti accorgi di alcune occhiate, di alcune frasi dette perché non puoi mai saperlo finché non lo rivedi. In ogni caso però è un gioco, non è la vita reale. Quindi uno che dice una parola in più o in meno ci può stare.
Ogni chef ha una sua firma, un qualcosa o magari un intero piatto a cui viene legato, nel tuo caso quale è?
Nel mio caso sicuramente le materie prime povere e tradizionali. Lo studio della tradizione ti spinge poi all’innovazione. Sempre con materie prime però molto umili. La cucina deve essere di tutti.
Ti senti ancora con i tuoi ex avversari a MasterChef? Con qualcuno hai legato particolarmente?
Si mi sento con le stesse persone che tutti hanno visto che avevo del legame all’interno di MasterChef. Eduard, Daiana, Monir, sono loro quelli con cui mi frequentavo di più all’interno e di conseguenza anche all’esterno.
Senti le puntate sono registrate, come si mantiene il riserbo sul risultato finale nel periodo che precede la messa in onda?
Facendo finta che tutto è un sogno, che non è vero quello che è successo. Mi sono svegliato e sono tornato nella vita normale. Anche perché è l’unica arma che ti aiuta a mantenere il silenzio. Non l’ho detto a nessuno tranne che alla mia fidanzata e alla mia famiglia che erano lì, quindi era impossibile non dirglielo.
Un piatto per descrivere Ibra
Un piatto tradizionale, forte e saporito che si fa sentire. Potrebbe essere una carbonara, che se ne abusi può essere pesante e se la mangi ogni tanto è buona e resta nella storia.
Spesso durante le puntate di MasterChef sento la frase: “Questo non l’ho mai fatto”. Ecco la cosa che mi incuriosisce, in quei casi come funziona? Quando c’è un piatto che non sai nemmeno da che parte cominciare
Partiamo dalla premessa che non siamo degli chef, ma degli aspiranti chef, degli appassionati. Come tutti gli appassionati noi conoscevamo il 20% della materia. Molte tecniche di cottura, tante materie prime e molte preparazioni è normale che non le sapevamo fare. Ti capita che magari qualcosa l’hai solo vista, però non conosci l’approccio.
Bisogna studiare tantissimo e molte volte ti avvicini all’obiettivo. Il piatto di Jeremy Chan, il frutto che aveva portato io non l’avevo mai visto, eppure doveva essere il protagonista. Poi mi ricordo il collo di gallina, chi mai ha cucinato nel collo della gallina? Oppure la cottura nella vescica. Quelle cose lì, che poi è cucina molto antica delle campagne, mi hanno messo in difficoltà. Io conoscevo l’avanguardia, ma della tradizione classica.
Con i tre giudici ti sei più sentito?
No, ci siamo sentiti per dei saluti e basta. Loro sono degli showman, fanno tantissimi programmi, moltissime cose. Li andrò a trovare, magari mi offrono la cena o il pranzo.
Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Ne ho veramente tanti. Ci sono alcuni progetti carini, che bisogna vedere se vanno in porto o meno. Se la barca arriva destinazione. Sicuramente più in là c’è anche l’idea di aprirmi un ristorante. Vorrei aprire questa attività dove potermi esprimere a 360°. Insomma mi rivedrete.
Ho visto sui social che sei un tipo molto autoironico. Questa è una componente fondamentale per chi come te vuole lavorare anche in TV?
Voglio mantenere sempre la mia persona anche in TV. Molte volte bisogna fare di una situazione il tuo punto di forza. A me una telecamera o 5 persone o 1 persona non mi cambia. Resto sempre io, quindi perché non lavorare su questo che può essere un punto di forza.