Il collaboratore di giustizia Santino Di Matteo ha parlato in toni molto forti del ritorno in libertà di Brusca reo di aver fatto cose atroci.
Un ritorno alla libertà che lascia perplessi. Giovanni Brusca, il boss pentito della strage di Capaci è tornato in libertà dopo aver scontato la pena di 25 anni. Ha scontato la sua pena e quindi, sotto questo punto di vista, non ci si può meravigliare più di tanto.
E’ vero che la legge è uguale per tutti ma, in certi casi e con certe azioni, questa dovrebbe essere severissima. Brusca non ha solo attuato quella che poi è diventata la strage di Capaci ma ha anche compiuto altre azioni atroci. Una di queste ha colpito Santino Di Matteo, collaboratore di giustizia, che è andato su tutte le furie per il rilascio del boss.
Le parole durissime di Di Matteo contro Brusca
Intervistato al Corriere della Sera, Santino Di Matteo si è lasciato andare a dichiarazioni che difficilmente non possano essere condivisibili. Si dice affranto da quanto accaduto perché lui continua ad andare ai processi ma intanto la giustizia fa ritornare in libertà dei criminali. Continua: “Ma la verità è che tutti i sorveglianti e gli aguzzini della mia creatura sono liberi. Tutti a casa. E ora va a casa pure il capo che organizzò e decise tutto. Lo stesso boia di Capaci. Si può dire boia? Lo posso dire io. La legge non può essere uguale per questa gente. Brusca non merita niente. Oltre mio figlio, ha pure ucciso una ragazza incinta di 23 anni, Antonella Bonomo, dopo avere torturato il fidanzato. Strangolata, senza motivo, senza che sapesse niente di affari e cosacce loro. Questa gente non fa parte dell’umanità”
Parole che sono pesantissime ma che sono chiare e lucide. Un padre che ha visto la vita del proprio figlio finire in maniera terribile non può di certo parlare in toni diversi. Ha anche una certa disillusione parlando della stampa che, a dir suo, se ne occuperà per un paio di giorni per poi passare ad altro e mandare questo evento nel dimenticatoio.
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Conclude con parole che potrebbero tramutarsi in azioni molto pericolose: “Conosceva Giuseppe, mio figlio, da bambino. Ci giocava insieme con la play station. Eppure l’ha fatto sciogliere nell’acido. E questo orrore si paga in vent’anni? Io non posso piangere nemmeno su una tomba e lui lo immagino pronto a farsi una passeggiata. Magari ad Altofonte. O in un caffè davanti al Teatro Massimo di Palermo. Mi auguro di non incontrarlo mai, come chiedo al Signore. Se dovesse succedere, non so che cosa potrebbe accadere“.