Questa notte, a Versilia, ci ha lasciati Tarcisio Burgnich. Grande protagonista con l’Inter di Helenio Herrera e della Nazionale.
Altro lutto nel mondo del calcio: all’età di 82 ci lascia, dopo una lunga malattia, Tarcisio Burgnich. Nato a Ruda (Udine) il 25 aprile 1939. Molti lo ricorderanno soprattutto per l’Inter e il ruolo avuto in Nazionale. Sicuramente oggi verrà ricordato dai profili social delle due squadre.
Il suo soprannome, dato da Armando Picchi, era la roccia per le sue enormi abilità fisiche. Proprio per questo, in carriera ha giocato sia come stopper che come terzino. Le sua abilità in marcatura hanno messo in crisi tutte gli attaccanti incontrati in carriera. Ci ha lasciato proprio alla vigilia del 50esimo anniversario dalla morte di Armando Picchi.
La sua carriera divisa tra Nazionale e Inter
Tarcisio Burgnich è stato, probabilmente, uno dei più grandi difensori centrali della storia del calcio. La sua carriera parla da sé. Il suo primo scudetto è arrivato nel 1961 con la Juventus.
Ma la svolta si ha quando c’è stato il trasferimento all’Inter. Lì ha trovato una grande squadra e un grande allenatore come Helenio Herrera. Con la società meneghina ha vinto 4 scudetti, 2 Coppe dei Campioni e 2 Coppe Intercontinentali. Per poi chiudere la carriera a Napoli con 84 presenze.
Anche il capitolo della Nazionale è molto sostanzioso, anche se ha vinto solo una volta. L’occasione era quella degli Europei del 1968 nella doppia finale contro la Jugoslavia a Roma. Il difensore fu nella rosa del Mondiale del 1970, in cui l’Italia arrivò in finale contro il Brasile. Purtroppo si ricorderà il grande stacco di testa di Pelé che sovrastò proprio Burgnich. Questo episodio gli fece dichiarare: “È fatto di carne ed ossa come tutti gli altri, mi dicevo prima di quella partita. Sbagliavo”. Ma quel Mondiale verrà ricordato anche per la grande semifinale tra Italia e Germania finita 4-3, in cui segnò il goal del 2-2.
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Una volta conclusa la carriera, decise di fare il percorso da allenatore ma con pochi risultati. Successivamente, accantonò anche la carriera da allenatore e divenne uno degli osservatori dell’Inter.