Jean Todt torna a parlare di Michale Schumacher. Il presidente della FIA rivela che vede l’amico ed ex pilota della Ferrati due volte al mese: “Non lo lascio solo”.
In un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, l’ex direttore e amministratore della Ferrari parla di Michael Schumacher. Jean Todt, infatti, rivela che, nonostante le limitazioni dovute alle restrizioni sanitarie legate al covid-19: “Vedo Michael almeno due volte al mese. Non lo lascio solo. Lui, la moglie Corinna, la famiglia: abbiamo fatto tante esperienze insieme. La bellezza di ciò che abbiamo vissuto fa parte di noi e va avanti”.
Il discorso “Schumi” – così come viene chiamato Schumacher dai tifosi di tutto il mondo, in maniera affettuosa – è uscito in merito a come vede Todt il suo futuro dopo la presidenza della FIA. “Gli impegni non mi mancano”, ha detto. Poi continua: “sicurezza stradale per l’Onu, presidente della fondazione di Aung San Suu Kyi, e poi International Peace Institute. Sono nei consigli di banche, cinema, alberghi. E sono fiero di aver creato l’Istituto di ricerca su cervello e midollo spinale al quale contribuì Michael Schumacher“.
Jean Tod parla anche di Mike, il figlio di Schumacher, considerato una giovane promessa della Formula 1: “Umile ed educato. Per ora le sue ambizioni sono limitate da una macchina non competitiva”. Poi, incalzato dalla domanda, ha fatto un parallelismo con il primo pilota della Ferrari, Leclerc: “Con la Ferrari competitiva ha dimostrato di saper vincere. Il nostro sport ha bisogno di una Ferrari forte, i passi avanti sembrano interessanti”.
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E sul confronto tra l’azienda Ferrari di oggi, con quella di ieri (che ha portato lo stesso Schumacher sul tetto del mondo) ha rivelato che è vero che quando Todt è arrivato c’erano delle difficoltà, ma è vero anche che “sono epoche e aziende diverse. Sono arrivato nel luglio 1993 e la situazione a Maranello era drammatica. La macchina, progettata in Inghilterra, si rompeva, la galleria del vento dovevamo affittarla. Gli uffici di disegno erano vuoti. L’unica cosa buona era il cibo. Ne siamo usciti dopo quattro anni”.
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