Il monologo di Massini ha fatto discutere più del solito: il ricordo di Luana D’Orazio, rappresentato con atroce emotività, è controverso.
Ormai tutta Italia conosce la storia della morte di Luana D’Orazio, deceduta a nemmeno 23 anni mentre era al lavoro in una fabbrica tessile di Prato. Il suo ricordo resta indelebile, e la ferita per la sua tragica e forse dolosa scomparsa è ancora aperta.
Sarà per questo motivo che il monologo di Stefano Massini, scrittore e attore di teatro, è stato particolarmente controverso.
Con la consueta carica emotiva e con capacità interpretative e descrittive forse ancora più dirompenti rispetto a quelle a cui ci aveva abituato, Massini ha sconvolto il pubblico di Piazza Pulita e ha provocato moltissime reazioni sui social. Ma non soltanto in senso positivo.
“La Principessa e il Telaio”, il monologo della discordia
Durante lo spazio a sé dedicato, Massini ha deciso di raccontare la tragica fine di Luana attraverso una fiaba. Nonostante il mezzo espressivo prescelto, non ha inteso edulcorare in nessun modo l’accaduto. Anzi.
“La Principessa e il Telaio” è stata narrata con le parole, che non hanno risparmiato i dettagli più atroci e truculenti, ma anche attraverso una macabra rappresentazione plastica (come si può vedere nel video poco sopra).
La fiaba allegorica racconta di una dama che lavora i tessuti lavorando per un mago “imprenditore”. Sopraggiunte la crisi economica e la pandemia, l’impresario chiede alla principessa di essere più produttiva. Ma per lei è troppo: la tessitura diventa estenuante, e il telaio si porta gli arti della principessa, che infine viene inghiottita e uccisa dal macchinario.
Mentre Massini incalza con il racconto, la bambola di pezza che tiene stretta tra le mani perde braccia e gambe come avviene nel racconto. Brutalmente recise dalle mani dell’interprete che simulano il macchinario.
Una scena di grande impatto emotivo, che per il suo eccesso ha stravolto parte del pubblico. In molti, in nome del garantismo, contestano l’accostamento tra mago senza scrupoli e l’imprenditore tessile di Prato. Altri hanno sottolineato l’eccessivo pathos drammatico imposto ad una vicenda che ora necessiterebbe del dovuto riserbo.
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Ma il monologo è stato anche molto apprezzato, per il suo intrinseco valore artistico e per il suo obiettivo di fare presa sulla coscienza collettiva. La cruda metafora del corpo dilaniato nella realtà e riprodotto ancora in televisione è tesa a denunciare senza riserve la condizione dei lavoratori in Italia, del resto. E per qualcuno non ci sono mezze misure.