Non solo Fedez: cinque grandi personaggi banditi dalla Rai

Secondo alcune indiscrezioni, Fedez potrebbe essere bandito dalla televisione pubblica. Chi è stato bandito dalla RAI prima di lui?

Fedez - Rai (Getty Images)
Fedez – Rai (Getty Images)

Dopo le polemiche scaturite dalle affermazioni sul palco del concertone primo maggio, pare che Fedez stia per vedersi concretizzata l’accusa di censura che aveva mosso ai vertici Rai.

Potrebbe essere bandito dalla partecipazione alle trasmissioni della televisione pubblica.

La situazione ha suscitato scandalo e riprovazione, ma in realtà non è affatto inedita. Dall’Editto Bulgaro ai tempi della censura targata DC e socialisti. Le vittime illustri delle logiche politicistiche di lottizzazione a cui risponde Viale Mazzini sono state svariate.

Ecco le cinque (+1) più illustri, a nostro avviso. Nonostante l’alternanza di partiti, correnti e movimenti politici diversi tra loro, nonché dei numerosissimi esecutivi tra Prima e Seconda Repubblica, il sistema Rai non è mai cambiato davvero.

I personaggi più in auge del servizio pubblico, sono sempre stati al centro dell’attenzione. La prudenza e il bon ton politico è sempre stata la premessa necessaria all’agibilità televisiva. Ogni mancata considerazione del sempre delicato equilibrio tra i partiti è stato punito senza pietà.

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Ecco chi sono i magnifici cinque censurati e interdetti dalla Rai

Tognazzi - Rai (Getty Images)
Tognazzi – Rai (Getty Images)

Nel 1959, l’attore Ugo Tognazzi, volto arcinoto della commedia all’italiana, è stato bandito addirittura per lesa maestà. Durante il programma Uno Due Tre con Raimondo Vianello, Tognazzi riprese l’episodio della caduta del Presidente della Repubblica Gronchi, che cadde da una sedia preparata per lui a La Scala di Milano. Omessa da organi di stampa, la gag del programma andò in onda senza riferimenti alla prima carica dello stato. Ma provocò ugualmente la chiusura del programma.

Dal carattere più eminentemente politico, invece, l’interdizione del premio Nobel Dario Fo. A Canzonissima del 1962 il teatrale Fo vestì i panni di un costruttore restio a dotare di misure di sicurezza i lavoratori e le strutture della propria azienda. Dopo che la faccenda giunse addirittura in Parlamento con alcune interrogazioni, a Dario Fo non fu più permesso di partecipare al programma.

Più recenti, e quindi anche più scandalose, le vere e proprie epurazioni del 2001 per manifesta volontà di Silvio Berlusconi, paradossalmente anche imprenditore televisivo. In un solo colpo, con la fatwa dell’Editto Bulgaro, di un giornalista del calibro di Enzo Biagi, del conduttore televisivo e analista politico Michele Santoro e del comico Daniele Luttazzi. Tutti loro, erano alla testa di programmi di grande successo. Da loro sarebbe venuto “uso criminoso” della TV pubblica, secondo l’allora premier, che era preciso dovere della nuova dirigenza Rai stroncare.

Nuove logiche, vecchi problemi

Dopo Berlusconi, anche Matteo Renzi, protagonista di una riforma tanto controversa quanto inefficace di Viale Mazzini, ha imposto dimissioni e censure. É il caso di Giovanni Floris conduttore di Ballarò che dopo diresse un’intervista considerata dai toni troppo aspri con l’ex Presidente del Consiglio. Al centro proprio i temi della Rai. Una riorganizzazione più subdola dei palinsesti, ma non per questo dagli intenti meno censori.

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Ora, con la dirigenza nominata dai vertici dell’allora governo gialloverde, la storia pare ripetersi ancora. Il principio, rimane lo stesso: controllare l’autonomia di pensiero del servizio pubblico, percepito ancora in senso pedagogico, e tenerlo separato dal dibattito politico. Quanto a lungo può funzionare?

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