I social e tutte le grandi piattaforme del web hanno stretto un accordo con il Fisco europeo per scambiarsi alcune informazioni.
Il mondo cambia e si modificano anche i lavori e perché no le fonti di guadagno. Oggi Internet può essere per alcuni una piccola miniera d’oro. Naturalmente non è una cosa semplice e per tutti, ma alcune persone sono riuscite a trasformare la propria attività web come una vera e propria fonte di reddito fisso.
Qui però scattano i problemi per il Fisco che ha delle difficoltà ad intercettare quelle persone che guadagnano tanti soldi da internet, ma non li dichiarano. Tra monete elettroniche ed altro, infatti, attraverso il web è più semplice far sparire dei capitali.
Proprio per questo i ministri delle Finanze dell’UE, nei giorni scorsi hanno approvato una nuova direttiva che prevede lo scambio di informazioni tra Fisco e i colossi del web. In maniera particolare occhi puntati sui social. La direttiva dovrà essere recepita dai paesi membri entro fine 2022 e diventerà poi operativa a partire dal 1° gennaio 2023.
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L’obiettivo è quello di creare uno scambio di informazioni tra le piattaforme internet e il Fisco per intercettare i flussi di guadagno derivanti dal web. Si stima che così facendo l’Europa dovrebbe riuscire a recuperare complessivamente 30 miliardi di euro che attualmente sono evasi.
Le piattaforme dei colossi del web e in particolare i social, forniranno al fisco dettagli sui nostri acquisti e i nostri guadagni, così da intercettare flussi di denaro “strani”. Tali siti dovranno comunicare: nome, sede legale e codice fiscale della piattaforma, nome e cognome del venditore o ragione sociale, indirizzo, codice fiscale del venditore, eventuale partita IVA, l’identificativo del conto su cui vengono versati i soldi, Stato membro in cui è residente il venditore, cifra versata per ogni trimestre e numero di attività che hanno permesso tale versamento ed eventuali commissioni della stessa piattaforma.
Tutte queste informazioni saranno a disposizione di tutti i paesi europei, così da permettere un interscambio anche tra i vari stati. Le piattaforme che hanno sede fuori l’UE dovranno registrarsi in uno degli Stati membri, pena sanzioni o addirittura la sospensione dell’accesso al mercato.
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