Italia Viva ha fatto il suo nome, Mario Draghi l’ha accolto: è Elena Bonetti la ministra per le pari opportunità e la famiglia.
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A sentir parlare Elena Bonetti il dubbio sulla sua occupazione quasi passa. Una docente nata, lo si capisce dalla chiarezza delle sue parole e dal politichese che costantemente dimentica sul tavolo di casa. Per i cronisti un piacere, non va interpretata mai.
Nata nel mantovano il 12 aprile 1974, è stata riconfermata alla guida di un Ministero che ha davvero tanto lavoro da dover portare avanti. E, chi l’avrebbe mai detto, a doversi muovere sono soprattutto i partiti di sinistra. A questo esecutivo hanno contribuito con un solo ministro, Fabiana Dadone del Movimento Cinque Stelle. Dal Partito Democratico, nulla.
Nel 1997 si laurea in Matematica all’Università degli studi di Pavia, conseguendo nel 2002 il Dottorato. La sua carriera accademica si sviluppa rapidamente, e nel 2016 diventa professore associato di Analisi Matematica nel capoluogo lombardo. Considerata una via di mezzo tra politica e tecnicismo, è espressione del renzismo.
Espressione plastica della visione di politica che è pertinenza di Italia Viva, la Ministra delle pari opportunità porta con se alcune solide tradizioni: lo scoutismo e la lotta ai diritti civili.
Anche lei, come il leader di Iv, ha un lungo trascorso nel mondo dello scoutismo cattolico. E anche lei, come molti dei componenti del partito di Matteo Renzi, ha avuto un approccio molto riformista alle politiche della Chiesa che la Bonetti più volte ha invitato a riformarsi, aprendosi a nuove strade. E alle nuove forme di accoglienza, che vanno oltre la povertà economica, guardando alla solitudine sociale.
Per lunghi anni è stata membro dell’Agesci, Associazione Guide e Scouts Cattolici Italiani, di cui è stata incaricata nazionale per l’ultimo percorso di formazione scautista. Fu lei a coordinare l’organizzazione della Route Nazionale del 2014: un progetto giovanile in cui 30mila ragazzi cattolici scrissero la Carta del Coraggio. Un documento che chiedeva il rinnovamento interno del clero, da parte dei fedeli di domani. Tra le cose che fecero grande scalpore, ci fu la richiesta di aprire le porte della Chiesa all’omosessualità.
Tale documento fece notizia, poiché – tra le altre cose – chiedeva all’AGESCI di dimostrare «maggiore apertura riguardo a temi quali omosessualità, divorzio, convivenza» e di non considerare «esperienze di divorzio, convivenza o omosessualità invalidanti la partecipazione alla vita associativa e al ruolo educativo»; alla Chiesa «di accogliere e non solo tollerare qualsiasi scelta di vita guidata dall’amore» e «di mettersi in discussione e di rivalutare i temi dell’omosessualità, convivenza e divorzio»; allo Stato che «porti avanti politiche di non discriminazione e accoglienza nei confronti di persone di qualunque orientamento sessuale» e «di agevolare sia dal punto di vista economico che burocratico le pratiche di adozione nazionale».
Nello stesso anno, ha firmato un appello per chiedere allo Stato di riconoscere le unioni gay e alla Chiesa di rivedere le proprie posizioni «perché tutti abbiamo il diritto di amare e di essere amati»
Per sentirsi parte del meraviglioso mondo della politica, anche Elena Bonetti ha vissuto momenti di tensione. In cui lei, per dirla tutta non è mai sembrata particolarmente tesa. La sua vicinanza al mondo Lgbtq+ fece subito scalpore al momento della sua nomina a Ministra delle pari opportunità, considerato che chi la precedeva, Pillon, era stato al congresso della Famiglia di Verona. Le prime scelte della Bonetti suscitarono subito le critiche del senatore pro vita Simone.
Nel corso degli anni, tante sono state le voci che si sono rincorse sul suo conto. Quando fu nominata per il suo primo mandato alla guida del dicastero nel corso del governo Conte bis, Aldo Cazzullo scrisse di un favolistico piercing sulla lingua che voci di Palazzo avrebbero voluto sulla ministra. Orpello di cui, lo stesso Cazzullo scrisse, non si è mai avuta traccia. E, a guardarne lo stile sobrio, è possibile che mai ne avrà. Le sue battaglie, tante, sono state spesso senza colore. Come il Family act, una delle manovre più risolutive del Conte bis.
La storia politica di Elena Bonetti è effettivamente legata a doppio filo a Matteo Renzi. Più volte ospite alla Leopolda, fino ad essere prima relatrice nel corso dell’edizione 2019. Figura tecnica di qualsiasi momento amministrativo della parobala renziana, sosterrà l’ex premier anche alle primarie del 2017. Un sostegno che le fruttò la nomina all’Interno della seconda segreteria del Partito Democratico. Lei commentò così, “Mi è sembrata una proposta sproporzionata, ma ha prevalso la voglia di provare”.
Nonostante il solido sostegno, è catalogata come una renziana critica, ben lontana dal giglio magico dei toscani. Nonostante non fosse stata eletta alla Camera, terza nel listino bloccato del Pd sulle circoscrizioni Lombarde dove Forza Italia e Lega banchettano, è stata chiamata dal premier a gestire un dicastero delicato.
A lei il compito di guidare le Giovane Italia viva. Nel mondo renziano molti le sono grati, tra le altre cose, per aver organizzato prima il Ciocco e poi Meritare l’Italia. Le due scuole di formazione politica di Italia Viva.
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