Il tema della gestione dei fondi del Recovery Found è stato parte determinante dei motivi della caduta del governo Conte: Draghi si è affidato al suo fedelissimo Daniele Franco.
L’uomo di Mario Draghi ha un nome e cognome, e si chiama Daniele Franco. Lo stile è quello del premier. Nessun profilo social, persona discreta e professionista che si è formato nei corridoi di Bankitalia. Un uomo delle istituzioni che nel suo futuro può leggere anche un breve passaggio da premier qualora Draghi dovesse lasciare anticipatamente per correre alla poltrona di Presidente della Repubblica. Poco si sa anche della sua vita privata, non è di dominio pubblico se sia sposato o se abbia figli.
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La nomina di Franco lì dove conta, potrebbe sembrare una risposta al duo Conte-Casalino. Forse non lo è, anzi realisticamente non lo è per nulla. Però, è innegabile che il suo nome era stato uno di quelli maggiormente ingiuriati dal momento dell’avvento dei due a Chigi.
Il Movimento Cinque Stelle nella sua prima esperienza di governo, al fianco della Lega, lo aveva indicato come la “manina” che cambiò i numeri sia del Decreto Dignità che del Decreto fiscale.
In quelle settimane divennero famosi gli audio di Rocco Casalino, che rivolgendosi a Franco, mandò un audio divenuto virale, in cui minacciava l’epurazione dei dissidenti. In quel messaggio vocale Casalino offese l’ex dirigente di Bankitalia e promise vendetta. Ma soprattuto minacciò spoil system se non avessero trovato i soldi per attuare subito il reddito di cittadinanza come promesso dal partito. Una misura che permette ai vertitici delle Pa di scegliere una parte dei suoi collaboratori.
Franco è uomo assolutamente indigesto per il partito che possiede la maggioranza relativa in entrambe le camere. Aveva frenato il Reddito di Cittadinanza. Va detto, che non meglio era andata nel rapporto con il Governo Renzi, sebbene in quell’occasione le sue osservazioni furono puntualmente attese, e solo con il placet della Ragioneria dello Stato si procedette all’erogazione dei famosi 80 euro.
In molti ricordano quando nel 2014 la legge di bilancio con il bonus Renzi attese il bollino dello Stato per una settimana, perché erano stati sbagliati i conti e l’interventismo del primo ministro non aveva adeguate coperture.
Nel 1979 entra in Banca d’Italia. Il primo incarico arriva tra il 1994 e il 1997 quando viene nominato consigliere economico presso la Direzione Generale degli Affari Economici e Finanziari della Commissione Europea. Poi 1997 al 2007 è tornato in Bankitalia come direttore della Direzione Finanza Pubblica del Servizio Studi. Dal maggio 2013 al maggio 2019 è stato presidente della Ragioneria generale dello Stato. Nell’ottobre 2018 viene attaccato da esponenti del movimento 5 stelle per dei fondi destinati alla Croce Rossa Italiana. Nel maggio 2019 è divenuto Vicedirettore generale della Banca d’Italia. Dal 1° gennaio 2020 è Direttore Generale di Banca d’Italia e Presidente dell’Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni(IVASS).
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