Sembra non fermarsi la crisi del M5S, ora è tempo di critica per il quesito.
E’ ormai chiaro che per il Movimento il voto sulla piattaforma è diventato un intralcio. Ed anche se Di Maio ha sempre sostenuto che il voto sia vincolante, “altrimenti cosa lo facciamo a fare” disse una volta, mai come oggi il timore è che la base sia più coerente dei vertici.
Davide Casaleggio in queste ore ha risposto alle tante accuse che sono arrivate sul metodo, sul reale coinvolgimento all’interno della piattaforma. “Noi decidiamo in 100mila, gli altri in quattro”, avrebbe detto il figlio dell’ideatore della piattaforma cuore della storia del Movimento Cinque Stelle.
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Quesito su Rousseau getta malumore, la crisi del M5S non si ferma. Intanto emergono le ripartizioni
Nella sua rubrica giornaliera, il Direttore de Il Foglio Claudio Cerasa riporta alcune delle possibili ripartizioni.
“Situa. Salvo sorprese, lo schema del governo Draghi nel rapporto con i partiti dovrebbe essere questo – scrive il Cerasa. Tre ministri per il M5s. Due per il Pd. Due per la Lega. Due per FI. Uno per IV. Uno per LeU. Uno per +Europa&co. Un tecnico certo (giustizia). Leader al governo? Più no che si”.
Un segnale, che di fatto, l’accordo ci sia già stato. E che i cinque stelle, con le dite incrociate, e il pallottoliere ben saldo davanti sono lì impegnati a contare i voti. Di Maio parla di opposizione a se stesso, mentre dagli ambienti più garibaldini i segnali sono ben diversi.