Il Pontefice riflette sui fedeli che nella preghiera non mettono cuore, ma soltanto una sequela di frasi poco sentite.
In occasione dell’Udienza Generale nella Biblioteca del Palazzo Apostolico in Vaticano, Papa Francesco I, si è scagliato, con enorme fastidio, nei confronti di quanti, cattolici, pregano cosi per abitudine più che per atto sentito. Ripetono le preghiere come pappagalli, spesso senza nemmeno comprenderne le parole o il significato generale di ciò che si sta dicendo. Un attacco che di certo colpisce, quello del Pontefice, che si dice infastidito nell’assistere o nel sapere di religiosi che pregano giusto per, senza dare il giusto valore e significato alla cosa.
“Recitando a memoria – dichiara il Papa, in quello che è stato un vero e proprio sfogo – non ti sei incontrato con il Signore con quel versetto. Non è un problema di memoria ma di memoria del cuore, quella che ti apre all’incontro con il Signore e quel versetto quella parola ti porta all’incontro con il Signore”. Le dichiarazioni sono la giusta cifra di ciò che Francesco I, intende quando ci si chiude in preghiera, non un abitudine, ma un atto sentito che in qualche modo migliora chi sta pregando in quel momento, perchè lo pone in una precisa posizione rispetto a Dio.
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Il Papa che non ti aspetti: “Le parole create per essere accolte”
“Attraverso la preghiera – ha dichiarato il Papa – la Parola di Dio viene ad abitare in noi e noi abitiamo in essa. La Parola ispira buoni propositi e sostiene l’azione; ci dà forza e serenità, e anche quando ci mette in crisi ci dà pace. Nelle giornate “storte” e confuse, assicura al cuore un nucleo di fiducia e di amore che lo protegge dagli attacchi del maligno. Così la Parola di Dio si fa carne, mi permetto di usare questa parola, si fa carne in coloro che la accolgono nella preghiera“