In mattinata la salita al Colle, poi la possibile crisi pilotata. Ma le incertezze sono tante, e il premier non può essere tranquillo.
Ci ha provato fino alla fine Giuseppe Conte a non rassegnare le sue dimissioni, ma la conta su Bonafede ha rappresentato una inevitabile sconfitta politica che nessuno si è voluto sobbarcare. Le parole di Luigi Di Maio sono state chiarissime: i numeri sul guardasigilli erano i numeri del governo. E anche Di Maio sa che incassare oggi la sconfitta, significherebbe esporsi a troppi rischi.
Questa mattina il Consiglio dei Ministri, poi l’incontro con Mattarella. A quel punto il dubbio. Il presidente della Repubblica potrebbe concedere un mandato esplorativo, capire se l’ipotesi di un gruppo di sostegno sotto il logo del Maie sia ancora percorribile. Ma anche quella via appare sempre più difficile. Nonostante la tentazione offerta da quel 10% che il partito del Premier oggi peserebbe, l’esodo al momento sembra interrotto. O meglio, non sembra mai partito. Sul carro di Giuseppe Conte, ieri ci è salito Michele Emiliano presidente pugliese. Nonostante la scorpacciata di consensi alle regionali però, l’ex Sindaco di Bari non gestisce nessun voto in Parlamento e dunque non può essere utile alla causa del premier.
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Al momento, salvo clamorose novità, all’orizzonte ci sono tre vie. La prima sarebbe quella del Conte Ter, e da farsi senza Renzi. Sarebbe la via gradita a tutti, salvo che a Renzi s’intende. Ma gli utlimi giorni ci hanno dimostrato che non ci sono i numeri perchè questo accada. Lo spaurato gruppo di Iv che Andrea Scanzi de Il Fatto Quotidiano sostiene non esistere in natura, al momento esiste in parlamento. E tanto basta. L’ipotesi due vuole Conte e Renzi nuovamente insieme, con una nuova squadra di Ministri. In questo caso l’accusa ai renziani di imporre la crisi per delle poltrone si vedrebbe materializzarsi. Un Conte Ter con Renzi ancora in maggioranza è vincolato alla conferma dei ministri della crisi: Speranza, Amendola, Boccia e Gualtieri. Tutti e quattro dem. Per Renzi non è da escludere ma nemmeno da considerarsi l’optimum.
L’ipotesi tre è quella della coalizione Ursula, vincolata però al cambio dell’inquilino di Palazzo Chigi. Infatti se il Premier dovesse cambiare, l’apertura ai centristi di Udc, Azione e +Europa sarebbe possibile, e anche la frangia moderata di Forza Italia potrebbe essere coinvolta. Difficile che sul tavolo delle trattative ci possa essere il Colle per Silvio Berlusconi, tentato però dal voto e dal sostegno promesso da Salvini-Meloni.
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