Il più grande Partito Comunista dell’Europa occidentale. Passione, impegno, famiglia, per molti è stato più che semplice ideologia.
Cento anni di passione, potrebbe essere forse la sintesi più appropriata. Cosa è davvero stato il Partito Comunista in Italia, è scritto nelle cronache, nei racconti dei protagonisti. E’ scritto nelle lotte, nelle manifestazioni, nelle conquiste. La storia del Partito Comunista Italiano, è scritta negli occhi e nel cuore di chi ha creduto davvero ad un’alternativa, a quella società che andava costituendosi dal dopoguerra in poi. Chi ha sognato un paese diverso, chi è andato oltre la possibilità di restare immobile ad osservare gli eventi, che scorrevano inesorabili.
La nascita a Livorno, da quella costola del Partito Socialista Italiano, considerata più estremista. Era il 1921. Da allora, l’impegno, le pagine nere del ventennio fascista, la resistenza, la riorganizzazione, gli anni del possibile sorpasso alla Dc, e poi quelli della lenta caduta. Gli anni ottanta, la morte di Enrico Berlinguer, forse il segretario più amato nella storia del partito, e poi la fine. La caduta del muro di Berlino, la crisi del blocco comunista nell’Europa dell’est, e la svolta della Bolognina di Achille Occhetto. Il Pci, che diventa Partito dei democratici di sinistra.
LEGGI ANCHE >>> Lutto nella politica: ci lascia il grande vecchio della sinistra italiana
LEGGI ANCHE >>> Fausto Bertinotti è tornato: Spazziamo via tutti con le elezioni
Cento anni fa, nasceva il Partito Comunista Italiano: la svolta una “prospettiva politica”
Nelle parole di Achille Occhetto, ultimo segretario del Partito Comunista Italiano, e fautore di quella svolta tanto contestata da una parte dello stesso partito, ricorda oggi quei giorni: “Più che per necessità – spiega Occhetto – fu per prospettiva politica. Alla vigilia della caduta del Muro ero stato a Bruxelles per confrontarmi con dei dirigenti socialisti. Eravamo vicini sui principi generali ma come comunisti non si poteva aderire alla cultura del socialismo europeo. C’era la questione del nome. Mi chiesero: ma perché non lo cambiate? Risposi che era difficile. Quando poi alla Bolognina dissi che tutto doveva cambiare, la stampa scrisse che sarebbe cambiato anche il nome del partito…Non mi fecero un gran favore perchè molti militanti s’infuriarono. Comunque – conclude – non sono pentito, anzi. Ripensandoci, dico che ho fatto un atto d’amore verso la storia del comunismo italiano“.