Si chiude una pagina di storia che nessun italiano dimenticherà mai. E’ morto anche il minatore che riuscì a recuperare il corpo di Alfredino.
Erano le 7 di sera di una calda estate. Era il 1981, l’Italia era ancora sconvolta dal terremoto dell’Irpinia. Il padre di un bambino di 6 anni chiama disperato la Polizia: suo figlio Alfredo è scomparso.
Gli agenti arrivano a Vermicino, tra Roma e Frascati, e si rendono subito conto di cosa è successo: le urla del bambino provengono da un’apertura circolare del terreno, con un diametro di appena 30 centimetri. Da lì inizia un dramma che ha tenuto col fiato sospeso tutta Italia.
Il telegiornale dà subito la notizia, mentre i vigili del fuoco tentano di tenere sveglio il piccolo. Con il passare delle ore ci si rende conto che liberarlo è tutt’altro che facile, visto che i tradizionali mezzi di salvataggio si rivelano inutili.
Sul posto tecnici e speleologici, ma senza alcun esito. Allora si domanda l’aiuto di contorsionisti, nani, circensi, fantini: il risultato non cambia, tutti falliscono, risalendo in superficie con ferite, escoriazioni, ma senza Alfredo.
La tragedia di quel bambino intrappolato, solo, al buio, entra prepotentemente nelle case degli italiani diventando un caso mediatico, il primo nella storia della televisione: la sera del 12 giugno 28 milioni di telespettatori restano incollati al video. Sul luogo si reca anche il presidente Pertini che con una cuffia prova a parlare con Alfredino. Dopo innumerevoli tentativi, Alfredino smise di respirare.
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Alfredino, l’ultima pagina del triste libro: muore Lionello Lupi “io ero andato a prendere quel bimbo”
A 94 anni è morto Lionello Lupi, fu uno dei minatori che si calarono nel pozzo per recuperare il corpo già senza vita di Alfredino Rampi, A dar notizia della scomparsa di Lionello Lupi è il quotidiano Il Tirreno, che scrive che da qualche mese l’anziano viveva nella Residenza sanitaria assistita Costa d’Argento di Orbetello (Grosseto). Lionello Lupi aveva contratto il Covid-19 all’interno della Rsa.
“Sono io che sono andato a prendere quel bimbo”, raccontava spesso Lionello. All’epoca della tragedia non esisteva la protezione civile e per salvare Alfredino si chiese aiuto ai minatori della Solmine di Gavorrano esperti nel lavorare sotto terra. Anche se morto, il minatore era orgoglioso di essere riuscito a restituire alla famiglia il corpicino. “Era orgoglioso di essere stato tra quei minatori”, il ricordo della figlia Cinzia al Tirreno. “A guardare la sua foto, davvero, non lo accetti – continua –. Stava bene. Aveva i suoi acciacchetti dell’età, per carità. Ma stava bene. Poi è arrivato questo male maledetto. Un focolaio di questo virus nella Rsa. Si accetta male, anche se non si può dare la colpa a nessuno. Poteva succedere lo stesso qui a casa o ovunque”.