La morte per gelosia, spiegata nella lucida follia di Antonio De Marco il 21enne salentino.
Era stata una storia che aveva fatto il giro del mondo in pochissimi secondo. Aveva ucciso il coinquilino e la sua fidanzata perché troppo felici, a spiegarlo era stato proprio Antonio De Marco nelle ore successive al suo arresto. Tutti gli addetti ai lavori sottolineavano in quelle ore la freddezza con cui il giovane infermiere aveva raccontato lo svolgersi dei fatti.
Li ha uccisi con una ferocia assurda, 40 coltellate ciascuno e non si è pentito. Antonio De Marco, 21 anni, studente di scienze infermieristiche che si è trasformato in killer quando la sera del 21 settembre scorso ha ucciso Daniele De Santis ed Eleonora Manta, parla con gli psichiatri. E racconta il suo delirio psicotico, della sua convinzione che “qualcuno, Dio o l’Universo” lo avrebbe ricompensato con una donna tutta per lui. La donna che fino a quel momento gli era stata negata.
“Come se dopo avere fatto quello che ho fatto sarebbe cambiato tutto”, le parole riferite ai suoi psichiatri forensi Francesco Carabellese, Elio Serra e Michele Bruno durante i colloqui in carcere riportate dal Quotidiano di Puglia. “Pensavo che sul momento sarei stato soddisfatto, già subito dopo averlo fatto… come se le cose sarebbero cambiate… che sarebbe arrivata una ragazza… ci sarebbe stata una ricompensa, che avrei avuto una ragazza… che mi avrebbe fatto avere Dio, l’universo». L’assassino reconfesso che scrisse sul diario di volere uccidere perché non si sentiva amato, perché nessuna ragazza lo aveva voluto come compagno. Il motivo scatenante della strage della sera del 21 settembre nella casa al primo piano di via Montello, al 9. E le 79 coltellate tirate con una ferocia inaudita? Il timore di fallire fondato sulla scarsa autostima.
Questo è quanto riporta la consulenza degli avvocati difensori per la richiesta di perizia psichiatrica sulla quale sarà chiamato a decidere il presidente della Corte d’Assise di Lecce, Pietro Baffa. In questa perizia si dovrà stabilire se il De Marco fosse consapevole di quello che stava per fare nonostante un “quadro psicopatologico complesso”.
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Tra le tante cose che colpiscono è l’esito della perizia di parte. I periti di parte hanno constatato anche l’assenza di pentimento nell’aver tolto brutalmente la vita a due ragazzi, i suoi ex coinquilini, lui 33 anni, di Lecce, arbitro di calcio e lei 30 anni, di Seclì, funzionaria Inps a Brindisi. Nella consulenza scrivono che in lui non vi è coscienza critica: “L’esaminando non è in grado di accedervi. Egli è ancora avvolto nel suo mondo psicotico, all’interno del quale continua a mantenere autisticamente distante il contatto con l’ambiente esterno”.
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