Nuova crepa interna alla maggioranza, Conte trova ancora ostacoli nella squadra di governo. Opposizione di LeU.
La politica italiana ci offre ampi spazi di ragionamento con la nomenclatura. Dopo il patto del Nazareno, le larghe intese, governo tecnico, ecco che in ricordo dei bei tempi andati, siamo pronti a vivere la fase del Governo di scopo.
Il Corriere della Sera questa mattina ci racconta di un nuovo presunto screzio interno alla maggioranza, che però, stranamente, non riguarderebbe Matteo Renzi. Come si è soliti fare, ogni politico è bravo a devastare gli interessi di parte altrui. Ma quando viene toccato nel vivo, ridimensiona la sua accondiscendenza.
Oggi è il Ministro Speranza ad alzare la voce. Altro esponente dei famosi partitini. Per difendere la «sua» Basilicata il ministro della Salute, come fosse un semplice deputato di collegio, boccia la mappa dei siti per i rifiuti radioattivi resa nota dal governo. Il suo clamoroso comunicato testimonia che l’epicentro della crisi è a Palazzo Chigi.
La sortita di Speranza (LeU) è la prova non solo dell’assenza di coordinamento tra i dicasteri, ma della totale mancanza di gioco di squadra e di solidarietà nell’esecutivo. D’altronde il ministro della Difesa Guerini aveva già riconosciuto i sintomi della crisi osservando le dinamiche in Parlamento, «perché quando ogni gruppo della maggioranza applaude solo il proprio relatore, significa che si è rotto qualcosa». È singolare che Conte non se ne fosse accorto, o forse faceva affidamento proprio sulle divisioni nella coalizione per regnare a Palazzo Chigi. Questo schema è saltato, e infatti ora il premier — pur di durare — ha accettato in un sol colpo di trasformare la governance del Recovery fund, aumentare le risorse per la sanità, eliminare la Fondazione per la cyber sicurezza e sacrificare persino la sua squadra, che pure definiva «la migliore del mondo».
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Intanto da Chigi si prova in ogni modo ad evitare la caduta di questo esecutivo. Il premier ha provato prima ad offrire il ministero dell’economia a Draghi, che ha gentilmente declinato. Poi ministeri di peso a Renzi, che stranamente ha mantenuto la parola data. Proposte rispedite dunque al mittente.
Renzi insiste, e vuole il passaggio della crisi dal Quirinale: «Solo da lì si può ricominciare». Ecco il motivo per cui ieri mattina Franceschini annotava che «è tutto da rifare». Il Pd vede il caos e lo teme. Davanti alla segreteria del Pd Zingaretti ha provato a issare una sorta di linea Maginot: «Non ci sono alternative a Conte, in questa fase». Come a dire che in una fase successiva, quella del semestre bianco, le cose cambieranno.