Ancora una volta in un ospedale lombardo, ancora una volta un operatore sanitario che forse non regge al peso della propria missione.
Ancora un suicidio in ospedale, ancora una volta un operatore sanitario, probabilmente schiacciato dal peso del proprio lavoro da ciò che avveniva intorno a lui. L’epidemia, il covid, la sofferenza di chi si prova a curare ogni giorno, giorno dopo giorno. L’hanno trovato in un bagno dell’ospedale in cui lavorava, 37 anni, una moglie, un figlio ed una sacca di fisiologica ancora attaccata al braccio. Cosa è successo? Cosa succede negli ospedali del dramma covid?
Lo scorso marzo, una infermiera a Monza, si tolse la vita a 34anni, dopo aver scoperto di essere positiva al covid, un operatore socio sanitario invece, a giugno su colpito da stress post traumatico dopo aver assistito a troppi decessi, salvato in tempo da sua sorella. Troppi casi, troppe storie intrecciate una all’altra in un contesto che non può essere pienamente compreso da chi non ha la possibilità di viverlo. Un contesto in cui il dramma della morte è continuo, incessante, onnipresente.
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Si suicida nei bagni di un ospedale: cosa soffrono i nostri operatori?
“Abbiamo chiesto a Regione Lombardia – spiega Massimo De Rosa, capogruppo del Movimento 5stelle al consiglio regionale lombardo. – di impegnarsi attraverso lo stanziamento di risorse, pari a due milioni di euro, al fine di mettere a disposizione, gratuitamente, un sostegno psicologico per professionisti, famiglie, giovani e chiunque abbia vissuto la segnante esperienza del covid. Non solo abbiamo ottenuto che Regione si impegnasse per istituire la figura dello psicologo scolastico”.
Un dramma che coinvolge sempre più persone, che soffrono di ansia, stress post traumatico, depressione e tanto altro. Schiavi, paradossalmente della propria professione.
