Il giornalista e scrittore restituirà la Legion d’Onore dopo la decisione di Macron di attribuirla al presidente egiziano: “Al-Sisi si è reso complice di criminali”.
“Caro direttore, domani lunedì 14 dicembre, andrò all’Ambasciata di Francia per restituire le insegne della Legion d’Onore a suo tempo conferitemi”. E’ un inizio shock quello che Corrado Augias pone in cima alla sua missiva, indirizzata al quotidiano Repubblica, nella quale annuncia il passo clamoroso che compirà a breve. Un gesto di aperta protesta contro la decisione dell’Eliseo di conferire il medesimo titolo ad Abdel Fattah al-Sisi, presidente dell’Egitto.
La questione, secondo Augias, è semplice: i mancati passi fatti dalle autorità egiziane per cercare di portare alla luce le reali circostanze dell’omicidio di Giulio Regeni. La famiglia del giovane ricercatore, torturato e ucciso ormai quasi cinque anni fa, attende tuttora risposte. Ma dall’altra sponda del Mediterraneo, la collaborazione non è praticamente mai arrivata.
Una ragione sufficiente, per Augias, per riconsegnare direttamente a chi gliel’ha conferita la più alta onorificenza di Francia. “La mia opinione – scrive – è che il presidente Macron non avrebbe dovuto concedere la Legion d’Onore ad un capo di Stato che si è reso oggettivamente complice di efferati criminali“. Affermazioni durissime che il giornalista e scrittore attribuisce proprio alla vicenda Regeni.
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Ci sono occasioni in cui anche i capi di Stato dovrebbero attenersi a quella che gli americani chiamano the right thing, la cosa giusta. Credo che il presidente Emmanuel Macron in questo caso abbia fatto una cosa ingiusta“. E rincara la dose: “Dove e quali sono i meriti del presidente Al-Sisi? I riconoscimenti e le onorificenze degli Stati sono soggetti al mutevole andamento della storia, può accadere che un’insegna elargita in un dato momento si trasformi in un gesto imbarazzante per il comportamento successivo della persona insignita“.
Ma Augias parla anche dell’Italia e della sua scomoda posizione di stallo. “Un’alternativa del diavolo” la definisce lui, col serio rischio di sbagliare qualunque sia la decisione. Da un lato “se manterrà normali relazioni diplomatiche con l’Egitto sembrerà tradire la memoria di un bravo ricercatore universitario torturato e ucciso per il lavoro accademico che stava svolgendo”. Con un’interruzione, invece, “sarà sostituita, tempo pochi giorni, da altri Paesi in molti fruttuosi rapporti commerciali e industriali”. Un nodo gordiano, tutt’altro che facile da sciogliere.
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