La moglie di Pablito, Federica Cappelletti, racconta a La Nazione l’ultimo messaggio di suo marito. Il suo commovente addio.
E’ in viaggio verso Vicenza il feretro di Paolo Rossi. L’ultimo viaggio, con camera ardente allo Stadio Menti che lo vide protagonista alla fine degli anni Settanta con la maglia del Lanerossi. Al cospetto di un’Italia che, nella tragedia della pandemia, fatica ancora a credere di aver perso Pablito. L’hombre del partido del Mundial ’82, l’uomo dei tre gol al Brasile, della doppietta alla Polonia e dell’1-0 alla Germania. Il calciatore simbolo di un Mondiale forse irripetibile, per come maturò la vittoria.
Ma Pablito era anche un papà, un marito. Quello dell’amore trasmesso a sua moglie, Federica Cappelletti, che in un’intervista a La Nazione ricorda gli ultimi momenti vissuti accanto a Paolo. Un’ultima lettera, commovente, dedicata alla mamma delle sue figlie. Un lascito prezioso, in cui il campione confessa u amore che va bene al di là dei campi da gioco.
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Nell’ultima lettera, racconta la moglie Federica al quotidiano fiorentino, Rossi diceva “che non riusciva a dormire perché era agitato. Guardava le nostre foto che gli mandavo sul cellulare, pensando al nostro grande amore. Mi ringrazia per le cose fatte per lui e per le bambine”. Condensati in qualche riga, anni di vita vissuta uno accanto all’altra. “Ma la persona davvero straordinaria era lui che l’altro giorno aveva visto il derby Juve-Torino alla tv come un tifoso”.
La Juve, una delle tappe importanti della carriera di Paolo Rossi. Non la più prolifica forse ma la più gloriosa. In mezzo al calcio, che aveva continuato ad assaporare da opinionista, il tempo per la sua famiglia. Di cui ha avuto bisogno fino agli ultimi istanti. “Aveva bisogno di tenermi la mano, quando venivo via dall’ospedale, anche solo per farmi una doccia, mi chiamavano le infermiere chiedendo che tornassi perché lui stava cercando la mia mano. ‘Fede Fede Fede’, sento la sua voce che mi chiama. E’ qui, dentro e fuori di me“.
A tutti, resta il ricordo dell’uomo del Mondiale. Alla sua famiglia, quello di un marito e di un papà, il ricordo più prezioso, quello vero. “Toccare con mano le fragilità è stata un’esperienza di consapevolezza della grandezza del nostro amore. Provavo emozione anche solo a sfiorarlo, a curare una ferita. Una cosa veramente grande, tanto grande che forse tutte le parole non sono abbastanza”.
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