Il dottorando italiano dell’Università di Cambridge fu ucciso dai servizi segreti egiziani. Ricostruiti i fatti dalla tortura alla morte.
In un clima di terrore mosso dai regimi dittatoriali egiziani, che sta scoprendo da mesi un nuovo capitolo con la cattura dello studente Patrick Zaky, sono stati ricostruiti i fatti della drammatica morte di Giulio Regeni nel 2016, fatti a dir poco agghiaccianti.
Regeni stava svolgendo delle ricerche per conto dell’Università di Cambridge, quando in un blitz dei servizi segreti egiziani fu prelevato con la forza e trasportato in una stazione di polizia a Dokki, dove invano richiese un avvocato oppure di parlare con il Consolato italiano.
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Le richieste gli vennero tutte negate, come racconta un testimone del fatto, chiamato dagli inquirenti Delta per la protezione di identità:”
“Ero nella stazione di polizia di Dokki, potevano essere le 20 o al massimo le 21, è arrivata una persona… Avrà avuto tra i 27 e i 28 anni, aveva una barba corta, indossava un pullover, verosimilmente tra blu e grigio, se non ricordo male con una camicia sotto… Si esprimeva in italiano e ha chiesto un avvocato… Sono sicuro che si trattasse di Giulio Regeni.”
Successivamente all’interrogatorio è stato condotto nella cella delle torture, trasportato in un’auto modello Shine, bendato, in un luogo chiamato Lazoughly.
Da li inizia il depistaggio: il Consolato italiano, che aveva iniziato ad interessarsi al ricercatore scomparso, richiede informazioni alla polizia di Dokky, la quale nega di averlo mai visto. Probabilmente Giulio, in quel frangente, era già nella camera delle torture. Il palazzo dove Regeni viene segregato è della National security.
La terribile descrizione delle condizioni di Giulio Regeni nella cella numero 13 vengono segnalate da un altro testimone, Epsilon:
“Ho visto Regeni nell’ufficio 13 e c’erano anche due ufficiali e altri agenti, io conoscevo solo i due ufficiali. Entrando nell’ufficio ho notato delle catene di ferro con cui legavano le persone… Lui era mezzo nudo nella parte superiore, portava dei segni di tortura e stava blaterando parole nella sua lingua, delirava… Era un ragazzo magro, molto magro… Era sdraiato steso per terra, con il viso riverso… L’ho visto ammanettato con delle manette che lo costringevano a terra… Ho notato segni di arrossamento dietro la schiena, ma sono passati quattro anni, non ricordo bene i particolari. Non l’ho riconosciuto subito, ma cinque o sei giorni dopo, quando ho visto le foto sui giornali, ho associato e ho capito che era lui”.
Il successivo 3 Febbraio il corpo di Regeni viene ritrovato in un fosso, nei pressi dell’Autostrada in direzione di Alessandria. Il corpo è martoriato di ferite. La famiglia chiede spiegazioni, riceve in cambio solo bugie e contraddizioni, ciò che continua ancora oggi, ancora senza aver dato giustizia a Giulio.
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