La Corte d’Appello di Milano ha confermato quanto disposto in primo grado: nove anni. Il calciatore e un suo amico condannati anche a un risarcimento.
Nove anni di reclusione per violenza sessuale. La Corte d’Appello di Milano ha confermato la condanna nei confronti di Robson de Souza Santos, meglio noto come Robinho, ex calciatore del Milan, già condannato in primo grado nel 2017. L’episodio di riferimento, sarebbe avvenuto nel gennaio 2013, quando il brasiliano già vestiva la maglia rossonera. Robinho, assieme ad alcuni suoi amici, si sarebbe reso responsabile di una violenza di gruppo nei confronti di una ventitreenne.
Assieme all’ex talento verdeoro, altre cinque persone avrebbero partecipato alla presunta violenza. Uno di loro ha visto confermata la condanna dei giudici, mentre i restanti quattro risultano irreperibili. Assieme alla pena detentiva, è stata disposta anche la condanna al versamento di un risarcimento di 60 mila euro alla vittima.
LEGGI ANCHE >>> Whatsapp, news: inviare foto hard in chat “è violenza sessuale”, cosa si rischia
LEGGI ANCHE >>> Ostia, violenza sessuale ai danni di una bambina: arrestato rumeno
Violenza sessuale, confermata in Appello la condanna per Robinho: nove anni
Un’esperienza fatta di alti e bassi quella di Robinho con la maglia rossonera. Sicuramente influenzata, soprattutto nell’ultimo periodo, dalla brutta vicenda extracalcistica. Dopo la parentesi italiana, il brasiliano aveva iniziato un girovagare che l’hanno portato dapprima in Cina poi in Turchia. Fino al ritorno in Brasile, nel suo Santos, a inizio ottobre. Un’esperienza chiusa ben presto, probabilmente proprio per concentrarsi sul processo in corso.
Il nuovo approdo al Santos, infatti, è durato giusto pochi mesi. Soprattutto la pressione dei media locali aveva portato l’ex City e Real a rescindere il contratto, firmato sulla base di un compenso simbolico di 1.500 real brasiliani. Un ritorno alle origini visto che, proprio dal Santos di Pelé (che lo scoprì) partì la sua avventura nel mondo del pallone. Nemmeno il tempo di cominciare che l’esperienza si è conclusa. A galla, infatti, è tornata quella vicenda del 2013 e quelle accuse che, ora, i magistrati hanno confermato in Appello.
La denuncia era arrivata da una giovane donna di origini albanesi. La presunta violenza sarebbe avvenuta nei locali guardaroba, dove il calciatore e alcuni suoi amici le avrebbero offerto da bere “al punto di renderla innocente e incapace di opporsi”. Per poi mettere in atto la violenza.