In un’intervista al Corriere della Sera, l’ex calciatore dell’Ascoli condivide l’ultima telefonata con suo fratello Maradona: “Gli mancava il calcio”.
In Italia non lasciò il segno. Ma Hugo Hernan Maradona in molti se lo ricordano ancora, per la parentela con il grande Diego piuttosto che per l’esperienza, tutt’altro che indimenticabile, con l’Ascoli di Costantino Rozzi nel 1987. No, quelle premesse che un cognome del genere portava naturalmente con sé non le rispettò. Calcisticamente naturalmente. Perché oggi Hugo Maradona, fratello minore del Pibe, torna a parlare di suo fratello e di quanto il loro legame andasse ben oltre i campi da calcio.
In un colloquio con il Corriere della Sera, l’ex calciatore ha condiviso il ricordo dell’ultima telefonata con Diego. Il Pibe si trovava ancora convalescente, dopo il delicato intervento chirurgico subito. E una cosa su tutte era quella che gli mancava. Il calcio, il suo calcio.
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Ricorda Hugo: “Ha chiesto come stavo, se avevo bisogno di qualcosa. Mi ha tenuto sveglio per quasi mezz’ora a raccontargli le partite di calcio che non aveva potuto vedere. “Mi manca il calcio”, ha detto. Tempo qualche giorno, mi rimetto in forma e torno alla mia vita. Gli ho chiesto quando sarebbe tornato in Italia, e lui: vediamo, magari per Natale”.
Quel maledetto 25 novembre ha cambiato tutto. Di Maradona ormai resta il ricordo e una battaglia senza esclusione di colpi per quell’eredità che suo fratello ha già detto non interessargli. Preferisce un altro ricordo, il “regalo più bello” avuto da Diego: “Mi ha portato a Napoli, lo ringrazierò sempre. Vivo qui e in questo momento l’amore dei tifosi per Diego attenua il mio dolore. Poi, c’è anche una sveglia a forma di Topolino, il personaggio Disney. Mi rimproverava che dormivo troppo, gli dissi che non avevo una sveglia e lui me la fece avere“.
Curiosamente, anche da ragazzo gli contestarono qualcosa del genere. Buon talento ma poca attitudine al sacrificio in campo e in allenamento. Forse per questo in Italia non andò bene. Ma quella sveglia è ancora con lui, anzi, con chi porta avanti il nome di famiglia: “Ora l’ho passata a mio figlio Tiago che ha 23 anni. Diego è stato il suo padrino”. Un’eredità ben più preziosa. Nel nome del padre, e anche dello zio.
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