Lo studente egiziano dell’Università di Bologna è in carcere al Cairo da 10 mesi. E la detenzione è stata rinnovata per altri 45 giorni.
Un incubo senza fine quello di Patrick Zaki. Lo studente egiziano dell’Università di Bologna, in carcera al Cairo ormai da dieci mesi, dovrà restare altri 45 giorni in stato di detenzione. A stabilirlo, la corte antiterrorismo egiziana, che ha decretato la permanenza in carcere del giovane accusato di propaganda sovversiva. Un’accusa finora non dibattuta ma che, ormai da quasi un anno, vale una detenzione ormai a oltranza.
Nella giornata di ieri, in attesa dell’udienza (alla quale Zaki era presente) non erano filtrate molte speranze. Anzi, il legale dello studente, Hoda Nasrallah, aveva manifestato pessimismo circa la possibilità di scarcerazione per Patrick. Qualche ora dopo, la nuova doccia gelata: un altro mese e mezzo di carcere e lo sconcerto delle organizzazioni per i diritti umani.
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A suonare l’allarme, ancora una volta, è Amnesty International. Il suo portavoce in Italia, Riccardo Noury, ha definito “vergognosa” la nuova sentenza, facendo nuovamente appello alle autorità italiane affinché procedano a una presa di posizione netta nei confronti del governo egiziano. “E’ veramente il momento – ha detto all’Ansa – che ci sia un’azione internazionale guidata e promossa dall’Italia per salvare questo ragazzo, questo studente, questa storia anche italiana, dall’orrore del carcere di Tora in Egitto”.
Patrick Zaki è stato arrestato il 7 febbraio 2020, all’aeroporto del Cairo, dove aveva fatto ritorno per un periodo di pausa dal suo master universitario a Bologna. Immediatamente trasferito nel carcere di Tora, da lì è iniziato un calvario che, a distanza di dieci mesi, ancora non vede una fine. Inizialmente, il prolungamento (o l’interruzione) dello stato di carcerazione veniva discusso ogni 15 giorni. Dopo i primi cinque mesi, si è passati a un’udienza ogni 45. Un periodo di attesa che, finora, non ha mai mostrato segnali positivi per lo studente.
In Egitto, la legislazione prevede che tali rinnovi possano prolungarsi fino a due anni. E, nello specifico delle accuse mosse contro di lui (“diffusione di notizie false”, “incitamento alla protesta” e “istigazione alla violenza e ai crimini terroristici”), un’eventuale condanna potrebbe prevedere addirittura 25 anni. Accuse che, finora, non sono mai state discusse nel merito. E che, soprattutto, il diretto interessato non ha riconosciuto, in quanto i post presi in esame sarebbero da lui stati definiti frutto di un profilo fake.
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