Braccianti sfruttati e oggetto di raid punitivi se ribelli. Dieci persone in carcere e una ai domiciliari nell’operazione “Attila”, condotta da Carabinieri e Squadra Mobile
Undici arresti, con dieci dispositivi di custodia cautelare in carcere e uno ai domiciliari. E’ il bilancio dell’operazione condotta dai Carabinieri e dalla Squadra Mobile di Caltanissetta nell’ambito di un’indagine su una presunta associazione a delinquere finalizzata allo sfruttamento di manodopera. Il blitz, denominato “Attila”, è avvenuto nella notte: nel corso delle perquisizioni, sarebbero stati sequestrati due libri mastri riportanti i nomi dei lavoratori sottoposti a sfruttamento e le cifre irrisorie dei compensi. Una dodicesima persona è indagata ma risulta irreperibile. Anch’essa sarebbe destinataria della misura di custodia cautelare in carcere.
Secondo l’accusa rivolta ai membri del gruppo, nei confronti dei braccianti sarebbe stato esercitato un vero e proprio regime del terrore. Nello specifico, con minacce, lesioni e altre ipotesi di reato. Gli inquirenti hanno parlato di “metodo paramafioso” che “ha assoggettato la comunità di appartenenza sottoponendola a un regime di vessazione e terrore e sfruttandola professionalmente al fine di assicurare all’associazione continuità nel tempo”. Numerose, nel corso del tempo, le richieste d’aiuto dei cittadini pakistani residenti a Caltanissetta, che avrebbero presentato ripetute denunce anche presso stazioni dei Carabinieri di paesi vicini.
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Caltanissetta, blitz contro i caporali schiavisti: Braccianti in condizioni disumane
L’indagine delle Forze dell’ordine sarebbe partita proprio dalle segnalazioni giunte finora alle varie stazioni. Sembra che alcuni lavoratori avessero tentato di contestare i salari minimi, ricevendo in risposta dei raid punitivi. Il gruppo avrebbe risposto all’autorità di un leader, destinando i lavoratori alle aree agricole in condizioni di sfruttamento, facendo leva sul loro stato di necessità. Il compenso sarebbe stato stabilito direttamente coi lavoratori e, nonostante le cifre irrisorie, i “datori” in alcuni casi ne avrebbero trattenuto parte. A volte anche il totale.
Fra i raid punitivi che sarebbero stati commessi contro i braccianti che tentavano di ribellarsi al regime di oppressione, rientrerebbe anche quello contro un pakistano, ucciso il 3 giugno scorso. L’uomo si era rivolto alle Forze dell’ordine, denunciando i suoi caporali. Secondo gli inquirenti, l’apice della scia di terrore perpetrata nei campi dell’entroterra nisseno.
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