Da domenica 29 novembre entra in vigore in tutte le chiese il nuovo Messale: cambiano preghiere e rituali.
Sembra strano che possano cambiare preghiere, liturigie e rituali tramandati da secoli, eppure la Cei, Conferenza Episcopale Italiana, vuole adeguarsi ai tempi e cancellare frasi e modi ormai desueti: sempre nel rispetto del Vangelo con l’aggiunta di un rispetto maggiore verso le donne, per esempio, quasi sempre nominate poco o non nominate durante la Liturgia.
Il linguaggio è più paritario, alla parola fratelli segue sempre quella di sorelle. E tutto a partire da domenica 29 novembre, con l’inizio dell’Avvento. Ci sarà tempo, poi, di entrare pienamente a regime entro la Pasqua del 2021. Già, perché ci vuole del tempo a cambiare le preghiere con le quali siamo cresciuti.
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Ne siamo quasi certi, per qualche settimana chi reciterà il Padre Nostro, alla fine della preghiera, continuerà a dire «non ci indurre in tentazione» ma non sarà più la frase esatta, troppo severa: Dio non può indurre a tentazione. La frase giusta sarà «non abbandonarci in tentazione».
Al momento della consacrazione, il prete all’altare dirà: «ecco l’Agnello di Dio.. beati gli invitati alla cena dell’Agnello». E, dopo il Santo, il prete dirà: «veramente santo sei tu, o padre» e proseguirà «santifica questi doni con la rugiada del tuo Spirito». Sempre nella consacrazione c’è anche un’altra modifica: «consegnandosi volontariamente alla passione».
Gloria avrà una nuova formulazione. «Pace in terra agli uomini amati dal Signore». E All’atto penitenziale c’è una aggiunta importante: «Confesso a Dio onnipotente fratelli e sorelle tutti».
La Cei intende contrastare le iniziative dei preti che agiscono autonomamente. Il sacerdote non deve «togliere o aggiungere alcunche’ di propria iniziativa», ammoniscono spiegando il Nuovo Messale. Aggiungendo: la «superficiale propensione a costruirsi una liturgia a propria misura» non solo «pregiudica la verita’ della celebrazione ma arreca anche una ferita alla comunione ecclesiale». E cita un esempio. Quello del battesimo. Qualcuno invece che “io ti battezzo” diceva “noi ti battezziamo”. Un abuso liturgico che – come ha avvertito lo scorso agosto lo stesso Papa Francesco – costa la validita’ del sacramento stesso.
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