Quarant’anni fa la scossa che fece tremare la regione, migliaia i morti, gli sfollati, la fatica della ricostruzione.
E’ il 23 novembre del 1980, sono le 19:34, la terra trema in Irpinia. L’epicentro tra i comuni di Teora, Castelnuovo di Conza e Conza della Campania. Tre regioni colpite, Campania, Basilicata e Puglia. 6,9 gradi della scala Richter, l’intensità, che farà della regione avellinese, e di altri comuni nelle immediate province polvere e macerie. 2914 i morti, 8.848 i feriti, 280.000 gli sfollati. Queste, le stime più attendibili.
Il 23 novembre del 1980, era domenica, nei comuni comuni irpini, per lo più la gente si divideva tra la chiesa ed il bar, con una divisione degna di un racconto novecentesco, donne e bambini da una parte, uomini dall’altra. Qualcuno è a casa, qualcuno in giro, poi la scossa, novanta secondi di puro terrore, alla fine, di molti comuni della zona, resterà niente. Crollano chiese, cinema, palazzi, tutto, e sotto migliaia di morti, migliaia di feriti, un numero incalcolabile di sfollati.
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La terra trema in Irpinia, trema in Basilicata, in Puglia, le scosse arrivano lontano, trema Napoli. La rabbia della terra scuote chilometri e chilometri di territorio, ma nelle ore che seguono il sisma, nei paesi più colpiti, non arriva nessuno. Il Governo non sa, non si muove, i giornali arrancano, stabiliscono qualche contatto radio, ma la gente, tanta gente è ancora li, sotto le macerie, e nessuno fa in modo che vengano fuori. Si scava, con le mani, ma a cosa può servire? Una radio, locale, intanto ha per caso registrato quei boati. Il grido della terra.
Il resto, è storia. L’arrivo del Presidente Pertini, ben prima dei soccorsi. La disorganizzazione, l’irreperibilità dei mezzi, degli strumenti che avrebbero potuto salvare centinaia di vite, in quella terra dimenticata. E poi la ricostruzione, lenta, truffaldina. Gli scandali, le speculazioni ai danni di una terra ferita e di un popolo umiliato, ancora, e ancora, e ancora.
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