Sono disperati, i commercianti del Piemonte che combatteranno contro il secondo lockdown in pochissimi mesi.
Ancora un lockdown, stavolta il Piemonte rischia il collasso totale. Meno di un anno, due chiusure, con i debiti che si accumulano. A parlare, facendosi portavoce di migliaia di commercianti, Erika, Giulia e Francesca, intervistate da Fan Page.
Dalle loro voci si capisce che c’è totale smarrimento. Se da un lato le severe misure sono giuste per la paura della pandemia, l’altro rovescio della medaglia è un’insicurezza per il futuro che terrorizza.
Erika, ha aperto il suo centro estetico soltanto nel gennaio 2020 dove lavora con il marito. Insieme, hanno 4 figli da crescere. Francesca, condivide con Santo il proprio bar nella periferia torinese, che viveva di colazioni e pranzi. Giulia invece, ha un negozio di abbigliamento e non vuole arrendersi. Tra le tre, sembra la meno negativa.
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Debiti e pagamenti, il lockdown sta distruggendo il Piemonte
Una pandemia che non solo piega, ma anche divide l’Italia. Se qualcuno accetta, anzi, appoggia le decisioni governative, c’è chi ha paura di non avere un futuro. Persino a Bergamo, dove il Coronavirus ha fatto tantissimi danni anche nella prima ondata, c’è chi protesta contro le chiusure.
Ma torniamo alle tre storie che riconducono al Piemonte, dove la situazione non è facile. Erika Russello e suo marito, vedono il proprio salone inondato dai debiti. 70.000 euro, più 1000 di affitto al mese da pagare, ma con quali entrate? Erika chiede chi pagerà tutto questo e confessa: “Non so se riapriremo”.
Francesca Grosso invece, ha un bar che restava aperto dalle 5 del mattino alle 22, tra pranzi e caffè. Lei e Santo si dividono la giornata e per fortuna, non hanno dipendenti che ora resterebbero a casa, come lei stessa spiega: “L’unica consolazione è almeno che non ci preoccupiamo di chi non prenderà lo stipendio – dice Francesca – perché facciamo noi i salti mortali in questo periodo per tenere aperto comunque per recuperare il più possibile. Però non ce la stiamo facendo più, siamo al limite“.
Giulia Shepis, con il suo negozio di abbigliamento, spera nella riuscita dell’e-commerce: “Spero che funzioni non solo per Amazon e per i grandi gruppi, ma anche per le piccole imprese come la mia”. Giulia confessa che, avendo aperto nel 2019, praticamente sono più i mesi in cui è rimasta chiusa che quelli in cui ha lavorato. Quando le viene chiesto se tornando indietro, rifarebbe la stessa scelta, racconta: “No, penso di no. Rimarrei sicuramente dipendente e io avevo anche il posto fisso, un buon posto. I dipendenti hanno più tutele”.
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