Le proteste di ieri sera a Bergamo, città simbolo della prima ondata non sono di certo passate inosservate.
Giorgio Gori, sindaco di Bergamo, è intervenuto attraverso i social, in seguito alla manifestazione svoltasi ieri nella sua città, che ha visto sfilare donne ed uomini profondamente colpiti dalle chiusure imposte dal nuovo lockdown. Donne e uomini che lavorano, che hanno delle attività che rischiano di fallire, che gestiscono negozi, che portano avanti imprese nate tanti anni fa e a rischio chiusura.
Erano loro a sfilare, imprenditori, commercianti, autonomi di ogni settore, la ristorazione, e tanta gente comune, tanti cittadini stanchi delle restrizioni e di dover rinunciare a vivere. Proprio li, dove pochi mesi fa, non vivere, per sempre, è toccato a molti, 11mila per la precisione, periti sotto il colpi del tremendo virus. Bergamo martoriata nei mesi scorsi dall’epidemia dice no alla chiusura per la nuova ondata. Può sembrare assurdo, forse lo è.
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Nuovo dpcm proteste a Bergamo, Gori: “il dolore può diventare rabbia”
Ha parlato di dolore il sindaco Gori, nel suo intervento su un noto social, del dolore dei bergamaschi che tornano ad affrontare la tremenda esperienza della chiusura, che tornano a respirare quell’aria ricca di incertezza e paura, il dolore che a volte può diventare anche rabbia ed esplodere all’improvviso, è comprensibile si. In questa fase però c’è bisogno d’altro per poter ritornare ad uscire in strada, a lavorare, ad essere liberi dal virus.
La città è stanca, questo è comprensibile, e manifestare forse è l’unico modo per provare a tirare via la rabbia, la tensione, quelle sensazioni negative che ancora ogni bergamasco di sicuro porta con se. Bergamo protesta ma del resto vorrebbe soltanto vivere tranquilla, e questa è solo l’ultimo, si spera, strascico del dolore di marzo.
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