Una casa troppo piccola per la sicurezza di tutti. Un tredicenne con il Covid-19 è stato costretto a dormire in auto a Perugia.
A Perugia un ragazzo di tredici anni è stato costretto a dormire in auto, per non contagiare la famiglia, visto che affetto da Covid-19. La casa infatti, è troppo piccola per assecondare i termini di sicurezza.
Una quarantena abbastanza paradossale, ma casa della famiglia del ragazzo è composta da un piccolo bagno ed una stanza: vi vivono in cinque. Lui, il padre, la madre ed altri due fratelli. Il padre del tredicenne, ha chiesto aiuto alle autorità locali.
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La situazione si sarebbe potuta aggravare in quelle condizioni
Edi Cicchi, assessore alle politiche sociali del Comune di Perugia, ha preso a cuore la vicenda, assicurandosi che il ragazzo trovasse una sistemazione temporanea. Alloggerà a Città di Castello, in un albergo appositamente allestito per malati di Covid asintomatici che non hanno possibilità di garantire sicurezza alle proprie famiglie, tramite i propri appartamenti.
L’uomo, un quarantasettenne di origini algerine, ha scoperto la positività del figlio per puro caso: Il ragazzino, aveva avuto un contatto a scuola, con un coetaneo positivo. Una volta che anche il tredicenne lo è risultato, per la famiglia sono iniziati i problemi. Il ragazzo non presenta sintomi, ma le condizioni sarebbero senz’altro peggiorate se avesse continuato a dormire fuori da un’abitazione ed anche senza ricevere alcuna cura.
Pensare che qualche sportivo asintomatico sull’argomento Covid ci si è messo anche a scherzare, e c’è negli Stati Uniti, anche chi dopo aver saputo di essere positivo, è sceso in campo dopo la gara ad abbracciare e salutare i compagni. Il padre del tredicenne, Yacine, invece, spiega che lavora come imbianchino e che ha già difficoltà a pagare l’affitto della casa in cui vive, figurarsi potersi permettere una stanza per suo figlio. Intervistato da Il Messaggero, ha però affermato: “Non voglio soldi. Sono venuto in Italia nel 1995 per farmi una famiglia, trovare un lavoro, una casa e vivere sereno. Non per andare alla Caritas”.
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