Il racconto drammatico del direttore de La Stampa, Massimo Giannini che ha vissuto sulla sua pelle l’angoscia del Covid.
Forse è successo anche a noi di chiederci se davvero esistesse questo maledetto Covid, e perché nessuno lo raccontasse dopo averlo vissuto sulla propria pelle, se non i soliti Vip. I negazionisti del coronavirus ci sono andati a nozze e alcuni di loro hanno raccontato che non c’è nulla di vero, che si tratta solo di terrorismo mediatico e politico. Poi leggi la storia del direttore de La Stampa, Massimo Giannini, e se continui a negare, forse è più per paura che per convinzione.
E’ un racconto drammatico, il suo. Prima ne ha parlato alla radio poi a Otto e Mezzo, su La7. «Ho visto tanto dolore, tanta sofferenza e ho visto tante persone morire». Massimo Giannini si è ammalato di Covid e ha dovuto affrontare la terapia intensiva. «Ho vissuto settimane dure, sono stato sotto ossigeno». Giannini è ancora positivo, ma è a casa, in isolamento: è stato dimesso dal Policlinico Gemelli di Roma dove è rimasto per tre settimane.
Tre settimane di inferno. Non a caso, il direttore parla di ‘gironi’. «Ho cercato di conoscere cosa succede in questi tre gironi danteschi – racconta – a me è stato per fortuna risparmiato dalla sorte il quarto, il più tremendo, quello della rianimazione”.
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Massimo Giannini racconta la sua drammatica esperienza in ospedale, malato di Covid. Ha saltato il quarto ‘girone’ quello della rianimazione. “Il reparto “pulito sporco” è quello dopo sono ricoverati i pazienti meno gravi, sono coloro che stanno chiusi nella loro stanza contagiati, positivi, non possono né uscire né aprire la porta. Quella porta si può aprire solo a orari prestabiliti durante la giornata quando arrivano i medici a fare i controlli, gli infermieri per distirbuire le terapie e gli operatori sanitari per pulire la stanza e rifare i letti, dopodiché entrano tutti bardati, si tolgono tutto, gettano tutto in appositivi contenitori, richiudono la porta e tu non li vedi più fino alla fase successiva».
«Adesso sto meglio, posso dire di essere stato fortunato, il peggio è alle spalle – dice il direttore della Stampa – Ho visto tanto dolore, tanta sofferenza e tante persone morire e ho deciso di non nascondere questa esperienza perché la testimonianza di chi sta male conti più di tutti i dibattiti che stiamo ascoltando da tante tante settimane».
«La cosa che più mi ha colpito più di tutto – aggiunge il direttore – è vedere quanti giovani stanno male, quante persone ricoverate sono in condizioni gravi, e anche la procedura che non conoscevo, la pronazione, un’esperienza che tutti devono conoscere quando parlano del Covid come una semplice influenza, io per mia fortuna non l’ho provata, sono stato solo con l’ossigeno».
Chi sono i ‘pronati’?
«I pronati sono quei ricoverati gravi rispetto ai quali l’ossigeno non è sufficiente – spiega Giannini – devono essere intubati, vengono prima sedati, poi intubati nei bronchi e per sedici ore vengono ricoverati sul lettino sdraiati a pancia in sotto. Sedici ore consecutive, in una posizione guidata da un rianimatore esperto. Dopodiché per le otto ore successive rigirati e messi supini e stanno per otto ore così, poi ricomincia e si può andare avanti giorni così perché i polmoni devono distendersi […] Se questo succede a un certo momento verrai estubato, ti sveglierai e potrai dire “sono salvo”. In qualche altro caso purtroppo questo non succede e quando vieni estubato te ne sei andato e nessuno ti ha dato l’ultimo saluto».
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