I parenti dei pescatori sequestrati in Libia si sono accampati davanti a Montecitorio. Hanno “minacciato” di rimanere lì fino a quando i loro cari non faranno rientro in Italia
Sono passati circa due mesi dal brutale sequestro dei pescatori italiani in Libia. Finora non ci sono stati risultati concreti, motivo per cui i familiari hanno deciso di mettere in scena una protesta nei confronti del Governo.
Seppur siano arrivate delle rassicurazioni da parte del ministro degli affari esteri Luigi Di Maio, i parenti per ovvi motivi non riescono a stare sereni. Dunque hanno deciso di accamparsi davanti la sede del Parlamento (Camera dei Deputati) a Montecitorio. Una dura presa di posizione che poteranno avanti finché i loro cari non faranno ritorno a casa.
Il desiderio di avere loro notizie e di poterli vedere rientrare è più forte di qualsiasi cosa, anche perché non hanno commesso nessun crimine per meritare un trattamento del genere.
LEGGI ANCHE >>> Migranti tentano la fuga dalla Libia per imbarcarsi: uccisi
Pescatori sequestrati in Libia: la ricostruzione della vicenda
Andando a ritroso, lo scorso 1° settembre i pescherecci “Antartide” e “Medinea” venivano sequestrati nel porto di Bengasi, rei di essere entrati in acque libiche.
Le imbarcazioni provenivano da Mazara del Vallo (provincia di Trapani) e avevano a bordo rispettivamente sei e dieci persone. Ad eseguire il sequestro è stata la Marina di Haftar che è a capo dell’autoproclamato esercito libico dell’Est del paese.
L’unico spiraglio aperto finora dalla Libia per liberare i pescatori è di fatto un ricatto. Nella fattispecie il rilascio di quattro loro connazionali condannati nel 2015 dalla Corte di Cassazione di Catania a 30 anni di reclusione per traffico di migranti e omicidio. Secondo amici e familiari sarebbero in realtà dei calciatori che si stavano dirigendo in Germania per intraprendere l’attività agonistica.
LEGGI ANCHE >>> Inps istituisce bonus di 950 euro per i pescatori: come ottenerlo