La ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina, interviene a sostegno di un’insegnante che ha inserito Bella Ciao nella didattica.
Tutto è nato dall’idea di un’insegnante, poi fortemente criticata da Fratelli d’Italia. Una docente di musica dell’istituto Ottaviano Bottini di Piglio, in provincia di Frosinone, ha dato un compito preciso ai suoi allievi di scuola media: “la lettura ritmico-melodica ed esecuzione strumentale del brano Bella Ciao”, scrive il deputato di Fdi, Rampelli. Che argomenta così la sua critica: “l’inno partigiano è divisivo perché rappresenta una parte politica ben definita, purtroppo protagonista anche di violenze efferate e ingiustificate, anche nei confronti di civili, preti, donne e bambini”.
E visto che si parla di scuola e di materie di insegnamento, non poteva non intervenire la ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina, la quale non ha rimarcato l’idea dell’insegnante ciociara, ma ha sottolineato l’importanza di Bella Ciao per i valori italiani.
“Il brano Bella Ciao – ha detto la Azzolina – è parte del patrimonio culturale italiano, noto a livello internazionale, tradotto e cantato in tutto il mondo. È un canto che diffonde valori del tutto universali di opposizione alle guerre e agli estremismi”.
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Lucia Azzolina difende Bella Ciao, Fratelli d’Italia: “un inno alla sottomissione dell’Italia all’Urss”
L’interrogazione parlamentare a risposta scritta voluta dal deputato di Fratelli d’Italia, Fabio Rampelli, ha più una connotazione politica rispetto a ciò che ha dichiarato la ministra Azzolina. “È storicamente accertato infatti, secondo l’opinione dell’interrogante, che molteplici frange che cantavano l’inno partigiano Bella Ciao organizzavano la sottomissione dell’Italia all’Urss, sottraendola alla protezione americana e quindi proseguendo sulla strada della limitazione delle libertà fondamentali attraverso l’instaurazione di un regime comunista”.
L’insegnante oggetto della critica, ha denunciato il politico della Meloni, dopo un post pubblicato da quest’ultimo su Facebook. Rampelli chiude la sua protesta sostenendo che “è inaccettabile che temi di natura chiaramente politica, surrettiziamente presentati come formativi, vengano inseriti nell’attività scolastica di ragazzi che le famiglie affidano alla scuola per ragioni didattiche e non certo per vederli sottoporre a un’attività propagandistica”.
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